Il cibo degli altri

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    Inferno.

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    Millie Sherman|Apocalypse Goth| 16 anni|Etero|


    Da quella sera è cambiato tutto.
    Doveva essere una serata di festa, l'aveva voluta tanto Tezca per Delroy e per tutti noi, per farci prendere una boccata d'aria dalle preoccupazioni quotidiane, una serata di griglia e falò come si fa in campeggio, una possibilità di festeggiare prima dell'arrivo del freddo e così è stato, è stata una serata da favola e sarebbe stata perfetta se non avessi avuto un idea tanto stupida.
    La situazione al Mall è cambiata da quando io e Klavdy siamo stati aggrediti, l'aria che aleggia tra la gente, le chiacchiere e le facce son cambiate ma più di tutti siamo cambiati io e Jerome.
    Lui è irriconoscibile, da allegro e ottimista soldato un po' permaloso è diventato ansioso e triste e sembra abbia perso persino la sicurezza nell'impugnare le armi, ha un altro sapore mirare per proteggere qualcuno che ami anzichè farlo solo per sopravvivere.
    Anche io sono cambiata tanto probabilmente, mi sento ancora così terribilmente in colpa e ho pianto, mi sono disperata tanto, sono davvero crollata di fronte all'evidenza di essere impotente, un colpo in testa ben assestato e una morsa troppo forte sono bastati a mettermi ko, a farmi sembrare morta al punto che mi hanno lasciata lì stesa sull'erba e a questo punto avrei voluto la stessa sorte anche per Klavdy, eppure io gli avevo chiesto di scappare, me lo ricordo che se avessero portato via me probabilmente me la sarei cavata o mi avrebbero mangiata perchè ad una ragazza non estorci informazioni strappandole le unghie o tagliandole arti no? No, le ragazze fanno gola per soddisfare altri istinti e allora forse avrei potuto resistere e se mi avessero mangiata almeno nessuno più si preoccuperebbe no?
    Le ho pensate tutte nel tempo che è passato mentre lo cercavano incessantemente, io non potevo muovermi e diventavo matta, ho fatto cazzate come quella di prendere il fucile durante l'addestramento ma ero così frustrata e non è che ora lo sia meno di prima ma avere delle risposte mi ha fatto cambiare modo di pensare.
    Ora sappiamo che è vivo, sappiamo cosa gli hanno fatto passare e sappiamo persino dove sta quel dannato clan, abbiamo un sacco di informazioni e abbiamo anche una strada: le nostre provviste per lui.
    Tezca e Delroy hanno fatto tantissimo in due giorni, hanno rivoluzionato tutto e hanno fatto in modo di metterla in piedi sul serio una possibilità senza doverci far provare la paura di restare senza provviste, è stato davvero rischioso anche perchè si sono messi contro Francis, contro metà della gente ma ci hanno provato sul serio e la prova sono le condizioni nella quale sono tornati.
    Lo sapevo che non ci avrebbero portato a me e a Jerome, era scontato, chiunque con un po' di sale in zucca non porterebbe i diretti interessati in una missione così delicata però dannazione io Klavdy lo volevo vedere! Sono stata forte, ho mantenuto il controllo e mi son detta che andava bene così, che io avrei spaccato la faccia a chiunque mi sarei trovata davanti e avrei rischiato di perderlo, avrei rischiato di farlo ammazzare però non vederlo sulla macchina mi ha fatto un male pazzesco, Jerome è crollato a terra, ha pianto ancora, ha preso a pugni il terreno e io mi son sentita il cuore andare in frantumi per l'ennessima volta e Tezca... dio Tezca è stato ferito e allora non ce l'ho piu fatta a far finta di niente, singhiozzo piano mentre guardo Hank portare il mio genitore adottivo in infermeria e mi stringo il bordo della maglia mentre Delroy mi si avvicina e lo ascolto parlare mentre tiro su con il naso in un tentativo di essere il più sileziosa possibile
    CITAZIONE
    Millie, T-tezca starà bene ha solo battuto la testa ed è rimasto assordato per un colpo, io… Hank ha sparato a uno di loro ed è morto

    Uno di loro... quindi c'è stato uno scontro, hanno combattuto, dice che Tezca starà bene e lo guardo, penso di potermi fidare di lui, non sembra mentire ma Klavdy? Di Klavdy che mi dice? Lo hanno visto?
    Perfavore, Delroy… puoi dirmi com’è andata?
    gli domando, sembra provato, giù di corda e ha gli occhi rossi come anche il viso che sembra gonfio, cos'è successo esattamente?
    Saliamo le scale, vuole che io mi sieda e così gli stringo la mano come se ne avessi bisogno e forse un sostegno mi serve davvero.
    Con Delroy non andavo d'accordo, fin dall'inizio ci siamo guardati in cagnesco e credevo di stargli sulle palle al punto che provocarlo era quasi un gioco ma negli ultimi tempi ho capito quanto siamo simili in realtà e quanto ha ragione, durante l'addestramento mi ha fatto male, mi ha buttato a terra con una velocità inaudita e ho capito cosa mi frega, ho capito dove sbaglio, la mia irruenza e la lentezza mi fottono, quando tutta questa storia sarà finita voglio che lui e Tezca mi insegnino ad essere più veloce.
    Ma ora... ora voglio solo la mano di un adulto che stringa la mia.
    Una volta in cucina mi siedo e ora che lo vedo meglio noto che ha le labbra gonfie, ha sbattuto? gli gocciola il naso e prende un canovaccio per pulirsi il viso, sembra... non so è qualcosa di strano
    Sei gonfio, c-che è successo a te?
    Gli domando perchè ho chiesto di tutti, ho chiesto di Tezca, del mio Klavdy ma pure lui non sembra messo bene, è in piedi, è lucido ma si vede che prova fastidio, cerca il suo riflesso nel vetro e si tocca la faccia mentre cerca di pulirsi con lo straccio
    CITAZIONE
    Hanno lanciato un fumogeno, pizzicava da morire e… Millie all’incontro lui c’era e ha chiesto di te, sembra convinto tu sia morta ma, io penso sia stato un bene tu non sia venuta lui era… era provato Millie e dio solo sa quanto ci eravamo vicini, i-io Millie lo avevo già stretto sulla pancia, non avevano accettato le provviste e mio fratello ha fatto fuoco su uno di loro per distrarli, Millie ti giuro che gli tenevo le braccia e lo stavo portando qui.

    Ha chiesto di me? Dice che sembrava convinto io sia morta e dice che è stato un bene io non sia andta perchè era molto provato, significa che era ridotto male?
    Mi si riempiono gli occhi di lacrime e dice che ci era vicino, dannatamente vicino, lo ha stretto contro la pancia ma dice che lo hanno portato via, che non si aspettava il fumogeno e glielo hanno strappato dalle braccia.
    Mi asciugo gli occhi, tiro su con il naso e lo vedo con gli occhi lucidi pure lui, ci siamo impegnati tanto, lo vedo da come ci sta male, lui voleva davvero salvarlo Klavdy, allungo una mano alla sua manica, la stringo tra le dita ma lui la intercetta e mi carezza un istante prima di sfilrsi dalla mia flebile presa
    CITAZIONE
    Vado a vedere come sta Tezca, voglio sapere se per il timpano si può fare qualcosa

    dice e lo lascio andare, anche io voglio vederlo ma ora... ora non ce la faccio a muovermi e resto piegata sulla sedia a piangere, a tapparmi la bocca e a mordermi la mano per non fare casino perchè neho gia fatto troppo, davvero troppo.
    Ho la testa che è un caos e non capisco più niente, mi sento vuota, mi sento vuota come sempre dopo che piango e nella mente mi martella l'idea di volerlo vedere, di volerlo salvare, una parte di me dice "Ma non sai come fare, lascia le cose da grandi ai grandi" ma l'altra, c'è un altra parte che scalpita e grida forte: "Cazzo sai dove lo tengono cosa aspetti?! Lui morirebbe per te, almeno provaci a fare qualcosa, sei piccola e furba, vai a salvarlo!" so che non dovrei, so che mi potrei mettere nei gui e magari neache tornare indietro, potrei mettere nei casini l'intero clan ma non provare mi sembra follia, qualcosa di cui mi pentirei in eterno.
    Cammino per il corridoio e vado nell'unico posto dove mi sento al sicuro: la cameradi Klavdy e Jerome.
    Trovo lì il soldato, nel letto del nostro compagno che stringe forte il cuscino
    -Jerome ho bisogno di parlarti
    gli dico e lui si asciuga gli occhi, mi gurda e mi fa posto mettedosi seduto, lo abbraccio come si stringe un fratello, è l'unico che mi sta a sentire senza annoiarsi mai di sentirmi parlare del russo
    -Delroy mi ha detto che è vivo, che è provato ma vivo e che glielo hanno portato via per un soffio, ha detto che ha parlato di me sai? Pensa che sia morta... io-io so che quello che sto per dire è una follia ma posso dirlo solo a te e ho bisogno del tuo consiglio: Jerome io non ce la faccio a lasciarlo là un secondo di più, ho paura che me lo facciano fuori!
    mi attacco al suo braccio quasi fosse una supplica, la mia voce trema e faccio un respiro profondo per ritrovare fermezza ma lui puo capirmi, ne sono certa, è l'unico che sa come mi sento
    -Proviamoci noi, accompagnami e poi... poi entro da sola se è troppo rischioso, è una follia, finirà male ma è-è successo oggi, non si aspetteranno un altra azione no? e io ho bisogno di tentare: ci infiltriamo dalle finestre sul retro, dove non ci sono le sentinelle, deve esserci un punto cieco lì: entriamo, lo prendiamo e lo portiamo via, in silenzio... s-si puo fare no? Tu sei un soldato, tu sai se queste cose son fattibili quindi dimmi cosa possiamo fare
    Perchè io a star ferma non ce la faccio più, stringo i pugni sulle mie cosce, e mi scuso mentanmente con tutti, con Tezca e Delroy perchè so che loro non sarebbero contenti, mi sgriderebbero, mi darebero della ragazzina incosciente ma io non voglio mettere in atto un piano campato per aria, voglio fare qualcosa di sensato e che possa funzionare, ecco perchè voglio il consiglio di Jerome, se non ce la possiamo fare lui me lo dirà e io mi metterò l'anima in pace.
    Sembra riflettere, sembra calmarsi e pensare
    -Stavo pensando anche io a qualcosa del genere
    Dice posandomi una mano sulla spalla e lo guardo, è serio?
    Si alza e prende un foglio di album e una matita, è di quelle da muratore con la punta intagliata al coltellino, si vede che è del nostro russo e Jerome disegna una cartina del cercere, mi spiega la sua idea, mi dice quello che lui sa dei penitenziari e di come potremmo entrare, mi parla anche dei due alpha: Tezca e Delroy, se ci beccano ci fanno a fettine ma dice che per eludere il problema dobbiamo solo fare attenzione all'orologio, con Tezca in infermeria dovrebbe essere anche più facile secondo lui.
    Ma abbassa il capo, mi chiede come sta e io deglutisco
    -Delroy dice che non è grave però voglio andare in infermeria, è privo di sensi
    Gli racconto e dopo aver limato i dettagli dellanostra folle azione scendiamo, andiamo in infermeria e viene anche Jerome, siamo tutti lì a quanto pare, oltre a Zhao ci sono anche Anastasia, Delroy, Hank e Neil, stiamo tutti aspettando he si svegli Tezca ma nel frattempo Delroy chiede se Jerome sa e io annuisco, spiego loro quello che gli ho raccontato: Klavdy è vivo ma molto provato dalle torture però è vivo quindi... quindi è ancora possibile salvarlo, non è ancora detta l'ultma parola, giusto?
    Nessuno risponde e Delroy si limita ad annuire, non sono così innocente da credere alle mie stesse parole e sospiro perchè questa è proprio la conferma che mi serviva per convincermi a passare all'azione.
    Quando Tezca apre gli occhi è ormai calata la luce ma sono felice, così felice di vederlo sveglio e sono la prima che cerca e stringe, si scusa per non essere riuscito a salvare Klavdy, mi chiede di perdonarlo ma è tutto ok, è tutto ok
    -T-Tranquillo, ti voglio bene Tezca, cerca di riposare ora
    si porta una mano all'orecchio offeso, si vede che ha subito un bel danno.
    Quando Zhao chiede spazio Anastasia ci porta fuori, andiamo a cenare e lasciamo Tezca nelle mani di Delroy e del dottore, c'è pure Hank... non mi piace quell'uomo, gira troppo intorno a Francis ma a quanto pare è stato lui a salvare Tezca no?
    Non mi fido ma in tal caso dovrò ringraziarlo forse a tempo debito.
    Ceniamo con una pasta al sugo che non mangiavo da tempo eppure non riesco a godermela perchè sento Francis parlre, Francis con un occhio nero e la bocca spaccata che parla, i suoi lividi mi fanno sorridere ma il problema è che blatera e le sento bene le parole che dice alla moglie e stringo i pugni perchè parla ancora di Klavdy, del fatto che ora finalmente abbiamo capito come stanno le cose, siamo stati fortunati ad avere ancora le provviste, che sono stati degli sconsiderati ad aver fatto come hanno voluto e dice che Tezca ha avuto quello che si meritava, che se fosse per lui non starebbe in quel letto perchè non ha bisogno di medicinali e stanno solo sprecando scorte preziose.
    Stringo i denti e tremo ma Jerome posa una mano sulla mia e mi dice di stare calma, di non pensarci, che ce la faremo e lui dovrà tapparsi la bocca.
    Annuisco e una volta conclusa la cena, una volta che le acque sono quiete allora guardo Jerome: è un cenno il nostro, un cenno che possiamo decriptare solo noi e spariamo nelle nostre rispettive camere: dieci minuti, dieci e ci ritrovamo davanti alla rimessa vestiti da spedizione: una tuta nera io, pantaloni cargo attillati, maglietta e felpa, ho anche un cappellino grigio e avrei voluto mettere la giacca che mi ha regalato Klavdy ma ho dovuto rinunciarci per questa volta, questa felpa ha le tasche con la cerniera ed è più corta, è quello che mi serve in questo caso e anche Jerome è vestito di tutto punto.
    Quello che stiamo facendo non è rischioso, di più, rischiamo di fare un casino,rischiamo di fallire miseramente, rischiamo di non tornare più e se torniamo vincenti o perdenti ci spetterà una lavata di capo immensa eppure nessuna di queste prospettive riesce a fermarmi, a farmi demordere
    -Apro i cancelli, tu guida, dobbiamo prendere il pick up
    dico a Jerome che chiede quale mezzo prendere, la moto sarebbe più comoda ma Klavdy non ci starebbe essendo gia noi in due, il pick up invece è perfetto, metto su una cassetta degli attrezzi, due fucili e due pistole, il pugnale io ce l ho già legato alla cintura: quello che mi hanno regalato al compleanno, lo porto sempre con me.
    Usciamo, riusciamo a svignarcela e guardo la torretta
    -Chi c'è di guardia che non ci ha visto uscire?
    gli chiedo, è strano che le guardie non ci abbiamo prestato attenzione ma Jerome dice che toccava a lui il turno, lui e Neil, presto il baffo salirà in torretta ma noi saremo gia lontani e con un po' di fortuna nessuno verrà a cercarci nelle nostre camere, siamo riusciti ad uscire con un po' d'astuzia e tanta fortuna.
    Il viaggio che facciamo è permeato da un atmosfera strana, penso ad un sacco di scenari io, zero musica, siamo entrambi assorti e parliamo delle peggio cose:
    -Secondo te cosa succederà? Cosa ci troveremo davanti? Ho paura Jerome, una paura tremenda eppure ho un fuoco dentro che mi scalda tutto qui, voglio salvarlo, voglio portarlo a casa
    Gli dico deglutendo, è una confessione uella che gli faccio perchè sì, la paura c'è, sono terrorizzta, non solo per scenario che ci attenderà ora ma anche per dopo, se falliamo e torniamo ci daranno degliincoscienti, se torniamo vincenti ci daranno dei folli, se non torniamo... se non torniamo confermiamo le loro parole.
    Un paio d'ore e siamo nei pressi della prigione, Jerome la prende larga, cerca il punto giusto per parcheggiare, nasconde l'auto e non usa le luci, scendiamo e ci muoviamo a piedi facendo attenzione, passiamo dalla strada che lui mi indica e c'è, c'è il passaggio che lui aveva ipotizzato: lo scarico della fognatura, un grande tubo di cemento nel uale possiamo infilarci senza neanche abbassare la testa, almeno io, Jerome un po' deve chinare il capo, non è il massimo ma da qui possiamo entrare con sicurezza, possiamo anche acccendere la torcia ma di morti non ne incontriamo per fortuna, non qui sotto
    -Che puzza... ci siamo quasi giusto?
    mi faccio guidare da lui, ho il cuore che mi batte all'impazzata ma dopo un po' siamo dentro!
    Siamo dentro sul serio, quasi non riesco a crederci, avremmo potuto tentare molto prima a saperlo, a trovare questo posto!
    è buio e non so bene come muovermi ma Jerome sembra piuttosto sicuro, ha una determinazione che non gli avevo mai visto negli occhi e dicendomi di stare attenta mi afferra la mano aiutandomi a farmi strada all' aperto, nel cortile fino all' ala in cui dovrebbero esserci le celle.
    è tutto buio, non si vede molto ma ci sono persone, ne vedo i contorni, i movimenti e gli occhi che ci guardano, resto colpita quando Jerome accende la mini torcia: sono tutti magrissimi come Stecco, molti sono feriti sembra e quando ci vedono si attaccano alle sbarre, ho paura che gridino, che chiamino le guardie e non so cosa fare
    -C-Chi siete? Venite da fuori?
    chiede una donna, ha occhi sbarrati e una cicatrice lungo tutto il volto, sembra disperata ma non credo dovremmo rispondere, deglutisco e mi attacco a Jerome che sembra più risoluto, io guardo il viso di ognuno però in cerca dell'unico per cui siamo qui ma non c'è... qui non c'è, sono tanti, perlopiù uomini emaciati, ad uno manca un occhio e un altro ha le mani nere, nere di cancrena e mi chiedo come faccia ad essere ancora vivo
    -Klavdy... Klavdy
    lo chiamo ma non è qui e guardiamo le altre celle, non sono le uniche due ad essere piene
    -Fateci uscire! Noi-Noi stiamo zitti ma aprite queste celle!
    dice un uomo attaccato alle sbarre che scuote e altri si accalcano insieme a lui, sono in quattro. Faccio qualche passo indietro ma poi mi faccio coraggio
    -Klavdy, conoscete Klavdy? È russo e altissimo, g-gli hanno tagliato un braccio
    dico in modo che quelli mi sentano, prometto la libertà in cambio delle informazioni che mi servono e mi sento un po' meschina ma se riusciamo a portare via lui forse potremmo dare un aiuto anche a loro tipo la chiave se la troviamo, dopo averla usata posso anche lasciarla a loro.
    Ci risponde un ragazzo senza orecchie, si alza e noto che gli mancano delle dita
    -L'ho visto, io l'ho visto q-quando gli hanno tagliato il braccio: lo hanno portato in isolamento, è sotto, là ci sono le scale
    Dice e allunga la mano sana ad afferrarmi il braccio ma scanso il mio presa di sorpresa
    -Ti prego! Ti ho dato le informazioni ragazza, n-non lasciarci qua, ti prego
    piange, si appoggia al muro e mi sento male per loro, davvero, mi sento una merda ma chiudo gli occhi e cammino veloce verso le scale, dopo gli lasceremo la tenaglia.
    Scendo le scale attenta a non cadere e mi guardo intorno, le celle sembrano tutte vuote, solo in una c'è una persona da sola e riconosco subito il braccio tagliato grazie ai tatuaggi è... è lui, in quei lineamenti gonfi e distrutti è lui!
    -J-Jerome!
    lo chiamo piano e mi tremano le mani, è buttato in un angolo, sembra dorma profondamente eppure sono sicura che sia lui grazie ai tatuaggi lasciati in vista, non ha nemmeno una maglia e mi viene da piangere per come è ridotto: è irriconoscibile, se non fosse per i tatuaggi e per quei tratti ossei che non cambiano non lo avrei riconosciuto... che ti hanno fatto? Cosa è successo, è colpa mia... tutto questo è solo colpa mia!
    -Facciamo in fretta, t-ti prego, trova qualcosa per aprire
    Dico al mio compare mentre chiamo ancora il nome del mio ragazzo che non accenna ad aprire gli occhi e mi chiedo se stia bene, se sia vivo, lo vedo il suo petto alzarsi e abbassarsi ma non risponde e mi viene da piangere ma continuo ad asciugarmi gli occhi per aver la vista chiara, dove cazzo sono le chiavi? Devono essere qui intorno! Mi attacco io alle sbarre stavolta e vorrei essere così fine dapassarci attraverso, voglio toccarlo!
    -Klavdy o-ora ti liberiamo, mi senti? Hey mi dispiace, mi dispiace per tutto questo, tu non lo meriti... Ti Amo, ti Amo
    Dico mentre mi si rigano le guance e cerco di trovare la chiave, mi alzo e ho paura di allontanarmi come se potesse scomparire se non toccassi il ferro, la chiave ui non c'è e provo ad usare le tenaglie allora ma io non ho abbastanza forza per rompere le sbarre, un modo per liberarlo ci deve essere e anche Jerome è agitato, cerca come un forsennato buttando tutto per aria ma niente sembra adatto
    -Jerome dammi una mano
    Lo chiamo ma la tenaglia che abbiamo portato è troppo piccola e non avvolge completamente la sbarra di ferro quindi è impossibile che funzioni eppure io mi ostino a graffiare e scalfire il ferro mentre continuo a piangere perchè non voglio arrendermi
    -Klavdy, Klavdy dicci come fare, ti prego... non riusciamo a sfondarla se ci corriamo contro?
    chiedo stringendomi i capelli con una mano, mi sale l'ansia, mi sembra di impazzire, come se fossi in iper ventilazione e probabilmente lo sono ma mi viene in mente un altra possibilità: mi alzo e tiro un calcio fortissimo alla serratura, magari con la mia forza e quella di Jerome riusciamo a farla saltare, no? A sfondare la porta o le cerniere che la tengono saldata al resto della struttura, dev'esserci un modo!


    SexOtEg


    What a lovely day

    SCHEME ROLE © AIKO-CHAN



    Edited by Kiruri - 3/8/2021, 19:42
     
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    Cleen your bloody nose in the bathroom.

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    Jerome Rivera


    Disumanizzato.
    Tutto quello che mi ha portato fino a qui.
    Ripenso spesso alla notte che hanno attaccato me, i miei compagni e mio fratello.
    L’errore nostro era stato pensare che le tende non le avrebbero squarciate, dopotutto quando la pandemia è scoppiata, noi in caserma li chiamavamo ‘cervelli molli’ ed erano così dannatamente stupidi, o perlomeno ci sembravano.
    Hanno azzannato due di noi dal tessuto, dalla cerniera chiusa e una volta passati alla difensiva ci siamo resi conto che erano veramente troppi, alcuni di noi sono riusciti a correre via e nel caos generale ci siamo divisi, perduti, mio fratello invece no, lui è morto e probabilmente si trascina da qualche parte perché non ci pensai a perforargli il cervello, le sue urla m’avevano svegliato e tutto ciò che ero riuscito a fare era correre via e trattenermi dal piangere e dal sentirmi male.
    Si chiamava Paul ed era tutto ciò che avevo sempre invidiato, il campione di nostro padre, il cocco di nostra madre e sopratutto uomo.
    Non aveva accettato all’inizio di buon grado che sua sorella Ivonne volesse diventare Jerome, ma alla fine ci aveva fatto i conti e con il tempo era addirittura riuscito a chiamarmi con i pronomi adatti, probabilmente l’aveva aiutato il fatto che mi fossi fatto asportare il seno e tutto il resto, ma all’inizio fu difficile… pensare che alla notizia mi sputò sulla faccia nonostante fossi certo che un po’ se l’aspettasse come tutti in casa mia, non sono mai stato tipo da capelli lunghi ed orecchini e non appena ho avuto l’età da poter decidere da solo mi sono rasato i capelli così corti da illudermi che forse un uomo lo fossi.
    In ogni caso mi mordo la bocca ogni volta che penso a tutto quello che io e Paul avremmo potuto avere ora che m’aveva accettato.
    Ho vagato parecchio da solo nei boschi che circondano questo posto, non so dire di preciso quanto perché la fame aveva fatto in modo perdessi il conto ed il mio telefonino si era spento quasi subito, però avevo tirato avanti prendendo quello che trovavo dagli zaini abbandonati e dai posti che mi sembravano meno popolati, la mia fortuna è stata l’addestramento a differenza di molti che ho incontrato qui dentro e là fuori: io non ho mai avuto paura dei mostri.
    Quando la città iniziava ad accusare i primi colpi dei cervelli molli eravamo noi a dover muovere il sedere, a fare fuoco sulle orde e a ripetere che tutto sarebbe andato per il meglio.
    Arrivato qui il Mall contava già parecchie teste ed integrarsi non fu facile, piacqui a Françis solo quando notò il mio zaino dell’esercito e le scarpe con la fibbia a stelle, agli altri invece feci storgere il naso… s’accorsero subito che qualcosa in me non era come negli altri uomini, ho sempre rifiutato i bagni di gruppo nelle docce, di levarmi la maglietta durante i turni da sentinella e mille altre cose che se solo fossi riuscito a proseguire cure ed operazioni probabilmente non mi avrebbero turbato tanto.
    Me lo ricordo quel giorno, feci notare a Joshua quanto fosse una pessima idea gustarsi una tazza di latte in polvere con una neonata appena arrivata da sfamare e lui di rimando mi aveva spinto, strappato la maglietta e appellatto a ‘Stupido trans’ e per quanto gli altri avessero cercato di mostrarsi disinteressati avevano spiato e sono consapevole che non vedessero davvero l’ora di levarselo quel dubbio sulla mia identità di genere, fatto sta che ci gonfiammo di botte e quando ci separarono decisi di andare a prendermi una boccata d’aria nervoso, oh sì nervosissimo.

    -Lo mangi tutto quello?-

    Me l’aveva chiesto Klavdy sedutosi vicino a me sotto il salice che stava nei pressi del lago e quella era la prima volta che mi rivolgeva la parola, prima di quel momento l’avevo visto solo ciondolare attorno ai muri nuovi tirati su.
    Si riferiva ad un biscotto che Anastasia mi aveva dato per scusarsi a nome del Mall per quanto successo, ero lì da poco dopotutto a differenza loro.

    -No… ne vuoi un pezzo?-

    Gli avevo chiesto notando i suoi denti storti allargati in un sorriso stranamente radioso, un sorriso che mi aveva fatto alzare le sopracciglia.
    Pensai per il primo periodo che Klavdy fosse matto ad avere tutta quella voglia di scherzare, che fosse una sorta d’animale mitologico enorme, altissimo, magrissimo e goffo come un pagliaccio, lo scoprii poi che aveva più ferite lui nel cuore che tutti noi qui dentro: sopravvivere ad un tumore, all’eroina e ritrovarsi catapultato in universo che ammazza ogni tuo affetto, doveva essere stato difficile, ma lui ogni volta che scivolavo sorrideva alzava le spalle e mi diceva:

    -Finché violento non lo divento io le cose sono okay, capisci? Sono ancora umano e cioè… questo sistema non mi ha preso. Per me la violenza è sempre un’opzione, dico… dico che anche per uccidere loro, i cervelli molli, no? Puoi scegliere se farlo con dignità o se farlo con cattiveria ed io non la capisco la cattiveria. Lo scatafascio del mondo no?-

    Gli avevo riso in faccia, gli avevo detto che:

    -La violenza non è una cosa che possiamo decidere ormai da tempo, ma tu sei vissuto nel tuo guscio… normale non te ne sia reso conto.-

    Cattivo, eppure era riuscito ad alzare le spalle, ad allargare le braccia e a liquidarmi dicendo che prima o poi avrei capito e io… penso che sta succedendo ora.
    Quanto tempo è passato da quando lo hanno portato via? Penso tre settimane, forse anche qualcosa di più ed io non faccio altro che pensare e ripensare a tutto il male che vorrei fare a chi l’ha preso senza nemmeno curarsi che potesse essere l’affetto di qualcuno.
    Mi immagino buttare giù le porte di quella prigione e lavare con il fuoco ogni bruttissima faccia che incontro, m’immagino aprire stomaci, riversare interiora e riportarmelo a casa eppure io… io prima non ero così e mi disturba quasi che mi si dipingano dentro immagini del genere.
    Stringo le lenzuola più forte e sento le unghie piantarsi nei miei palmi mentre mi stringo nel cuscino e mi tiro su asciugandomi le lacrime.
    Sto disumanizzando per davvero ed improvvisamente mi manca la persona che ero: lucida, costante, equilibrata e senza rancori.
    Avevi ragione, Klavdy.
    Tezca e Delroy sono tornati assieme ad Hank più distrutti di prima ed ho cercato la sua testa nei sedili posteriori, ho addirittura controllato se magari i piedi del suo cadavere sbordassero dal cassone del pick-up perché avrei preferito saperlo morto ma lontano da tutto quello schifo che… che ancora lì.
    Ho pianto fino a irritarmi le guance, ma non può andare avanti così, è del tutto inutile e ogni mossa che facciamo verso Le Guardie sembra andare a vuoto come se ci leggessero nella testa.
    Deglutisco e tiro su con il naso quando sento bussare alla porta, non riesco nemmeno a parlare che vedo la testa nera di Millie fare capolino dalla porta, è la persona con la quale sto legando di più in questo periodo orribile perché anche lei sta soffrendo moltissimo l’assenza di Klavdy, lo conosceva più di chiunque altro e… e le fa male.
    Mi sforzo di farle un sorriso asciugandomi gli occhi con le mani:

    -Ciao cazzuta…-

    E le faccio spazio sul letto mentre mi dice che ha bisogno di parlarmi, si mette a sedere incrociando le gambe, subito gliele sfioro appoggiando le mie mani tremolanti sulle sue ginocchia, gliele stringo come a dargli forza o forse per darne a me come potesse infondermene un po’, è molto emotiva anche lei ma trattiene le lacrime e sta passando questa situazione con molta più dignità, sembra lei l’adulta e infatti trasforma il mio tocco in un abbraccio.
    Mi lascio avvolgere e la stringo forte ricominciando a piangere bagnandole la spalla della felpa, ma anche lei sta bagnando la mia quindi va bene, va tutto bene.

    CITAZIONE
    Delroy mi ha detto che è vivo, che è provato ma vivo e che glielo hanno portato via per un soffio, ha detto che ha parlato di me sai? Pensa che sia morta... io-io so che quello che sto per dire è una follia ma posso dirlo solo a te e ho bisogno del tuo consiglio: Jerome io non ce la faccio a lasciarlo là un secondo di più, ho paura che me lo facciano fuori!

    Ascolto cosa ha da dirmi mentre mi sciolgo dalla presa, mi racconta cosa è successo visto che io ho preferito scappare ed evitare la verità, ho pensato: insomma lui non c’è e basta, il resto non conta.
    Eppure mi rendo conto d’essere teso come una corda di violino mentre la guardo, mentre mi srotola davanti uno scenario dove lui è vivo e di questo ne sono certi, uno scenario dove lui sta male immaginando Millie morta e probabilmente a causa sua, mi vibra il cuore, mi fa un male tremendo e deglutisco annuendo quando dice che davvero non riesce a lasciar perdere e ad aspettare un nuovo tentativo.
    Ha paura lo uccidano e tiro su con il naso perché anche io ho la stessa maledetta fobia.

    -Lo sogno tutte le notti appeso da qualche parte a piangere, non sopportava nemmeno quando gli disinfettavo le vesciche delle mani, f-figurati quanto deve fargli male tutto.-

    Mi osservo le dita e poi guardo il suo letto vuoto con ancora tutte le sue cose sopra, fino a qualche tempo fa mi bastava fargli un cenno con il capo e lui alzava il muso dai suoi fumetti e mi sorrideva.
    Sorrido anche io ora amaro e con gli occhi pieni di lacrime mentre mi alzo e prendo uno dei suoi libricini giapponesi che parla di un diario della morte e altre cazzate che piacevano a lui, lo sfoglio e noto dove gli angoli delle pagine s’affossano, le sue dita lo hanno sciupato e me lo porto al viso annusandolo cercando anche solo una minima nota che me lo ricordi.

    -Quindi cosa vorresti fare? Andare là da soli? Sembra una mattanza Millie, quelli ci potrebbero far fuori e dovremmo essere silenziosi come topi…-

    Ma non mi lascia nemmeno finire la frase:

    CITAZIONE
    Proviamoci noi, accompagnami e poi... poi entro da sola se è troppo rischioso, è una follia, finirà male ma è-è successo oggi, non si aspetteranno un altra azione no? e io ho bisogno di tentare: ci infiltriamo dalle finestre sul retro, dove non ci sono le sentinelle, deve esserci un punto cieco lì: entriamo, lo prendiamo e lo portiamo via, in silenzio... s-si puo fare no? Tu sei un soldato, tu sai se queste cose son fattibili quindi dimmi cosa possiamo fare

    Riappoggio il fumetto dove lo aveva lasciato e non guardo Millie, mi limito a pensare all’idea malata che sta proponendo, ma a questo pensiero s’accavalla l’immagine che ho sognato di Klavdy che sanguina e chiama sua madre, poi chiama me, lei e Delroy e… e poi muore.
    Scuoto la testa e chiudo gli occhi per qualche secondo mentre penso che non può succedere, hanno detto che sta subendo quel che sta subendo perché ci sta salvando, perché non vuole rivelare le nostre coordinate o perlomeno questo è quello che hanno ipotizzato.
    Sta morendo per noi.
    Alzo finalmente gli occhi e vedo i suoi occhi pieni di pianto mentre mi implora, mi fa mille domande e mi rendo conto che accettare è una mezza condanna a morte e se la mia non mi pesa, mi pesa la sua che è giovanissima e… e lascerei Tezca senza una figlia.

    -Stavo pensando anche io a qualcosa del genere ma… Millie è quasi del tutto impossibile, dovremmo trovare da dove entrare senza farci scoprire, magari una fogna o qualcosaltro e una volta dentro inventarci un modo per trovare la cella ed aprirla, magari potandoci delle tenaglie ma faremmo rumore e rischieremmo d’essere visti e magari ammazzati, magari mettiamo pure lui nei guai…-

    Trattengo il fiato, guardo fuori, osservo il pick-up e Neil che sta per staccare dalla vedetta… dovrei salire io con Ayyub a breve.

    -Ma più nei guai di così è possibile? -

    Mormoro più a me che a lei.
    Mi volto di scatto e le cammino incontro afferrandole le spalle:

    -Il mondo è a pezzi, dico bene? Mio fratello è morto e molto probabilmente lo sono anche i miei genitori e t-tutte le persone che non abbiamo portato con noi, la strada pullula di morti viventi e non abbiamo più nulla di quello che avevamo prima. Klavdy era l’unica cosa che mi ricordasse com’è fatto il calore di una famiglia ed è là fuori a passare le pene dell’inferno, se riusciamo nella nostra opera lo riportiamo a casa, il mondo continuerà a fare schifo ma noi saremo ancora insieme io e te, tu e lui, io e lui… se non riusciamo allora avremmo avuto comunque meno da perdere e se lui dovesse morire noi… noi l’avremmo comunque portato via da qualcosa di peggiore e almeno sapremo d’averci provato fino in fondo…-

    Afferro lo zaino con le mani che tremano, ricolmo d’adrenalina e comincio a riempirlo dicendo solo:

    -Lui lo merita…-

    Scavo dentro e ci trovo il mio vecchio taccuino, la matita la recupero invece dal comodino di Klavdy e torno a sedermi sul letto di fronte a lei iniziando a disegnare uno schema di quella prigione, cerco di ricordarla e ripenso anche a quella del mio paese, ci sono stato spesso dentro quando mio zio è stato rinchiuso dopo la rapina.
    Sospiro e cerchio una determinata zona:

    -Parcheggiando sul retro dovremmo individuare le latrine e da lì pensare magari di passare dallo scavo dei liquami, è l’unico posto dove sicuramente nessuno verrà a guardare, in ogni caso ora si coricano tutti, anche mettendoci sei ore s’accorgerebbero di noi solo domattina e potremmo dire d’esserci alzati presto in caso di ritardo, dobbiamo tenere d’occhio il tempo o ci faranno a pezzi qui se sopravviviamo. Detto questo mi dispiace che dovrai strisciare nella cacca d’uomo, magari speravi d’essere una principessa al vostro primo incontro dopo tanto tempo, sembrerai una fiera amazzone però.-

    Cerco d’alleggerire la tensione, spero davvero quei bastardi facciano i loro bisogni all’aperto, dopotutto gli scarichi sono fuori uso e fare la seconda nei bagni vorrebbe dire intasare i cessi fino alla puzza e non siamo in una situazione dove l’acqua può essere usata a secchi per riattivare lo scarico.
    Ci salutiamo dopo che m’ha dato notizie sull’incolumità di Tezca, sembra non sia succcesso nulla di grave ne a lui ne al mastino e la cosa mi rasserena anche se sento l’ansia pomparmi al massimo i battiti.
    Decido di farmi una doccia preventiva molto veloce e di indossare i capi più comodi che ho: dei pantaloni militari pieni di tasche e cinghie per appenderci di tutto, una canottiera bianca aderente il giusto da tenere dentro la cintola, una maglia bianca con le maniche corte ed un giaccone pieno di tasche, quello che usavo in addestramento all’esercito quando faceva freddo ed è comodo perché la cerniera se viene tirata s’apre e non resti impigliato da nessuna parte.
    Ci incontriamo sul retro e noto che anche lei si è messa comoda e tutta nera, ottima scelta, nel buio sarà più difficile intercettarci.

    -Ho scritto un biglietto in torretta ad Ayyub, gli ho spiegato, tranquilla… non dirà nulla ci ho parlato in questi giorni e pure lui aveva proposto un’idea simile, solo che è necessario qualcuno stia a protezione del mall.-

    Le spiego tranquillo mentre mi rigiro tra le mani la cassetta degli attrezzi, dentro c’è tutto ciò che ho trovato che sembrasse adatto a scassinare una cella o a tagliare qualche sbarra.
    Tiro su con il naso e quando mi chiede di prendere il pick-up le sventolo le chiavi davanti al muso:

    -Avevo pensato alla moto, ma sarebbe scomodo caricarcelo su se è magari privo di sensi, quindi le ho prese da camera di Hank, sta scopando con Charlotte e quindi era del tutto vuota…-

    Dico, me ne sono accorto perché li ho sentiti grugnire dalla porta di una delle stanze vuote, schifosi… come cazzo ci riescono? Tezca sta in un letto di ospedale, Delroy ha rischiato i polmoni e Klavdy non è tornato a casa eppure loro hanno il disinteresse necessario per eccitarsi.
    Scuoto la testa, se Hank è giustificato perché non lo conosceva, Charlotte no… ha dato l’ennesima dimostrazione di essere una donna pessima, se ripenso a quella sera dove l’ha mortificato al tavolo davanti a tutti mi viene il prurito alle mani, come possono trovare tutti attraente una donna così cattiva?
    Salto sul pick-up, la torretta è vuota e dovrei esserci io, ma ho sentito Ayyub cantare in bagno quindi probabilmente raggiungerà il posto a breve, sono certo che si farà gli affari suoi, che leggerà il biglietto e non aprirà bocca perché anche lui ci tiene a Klavdy.
    In auto iniziamo ad avviarci e cerco di ricordare la strada osservando ogni tanto la cartina che ha tra le mani, più o meno però dovrei riuscire.
    E’ un silenzio strano, pregno di tensione ed io sento il cuore andarmi a mille, mi sono addirittura portato nella borsa i suoi farmaci per le epistassi, come potessero servire a qualcosa e anche qualche antidolorifico e delle pasticche che mi sembravano utili, roba della mia piccola scorta personale.

    -In caso non riuscissimo, ho questa qui… vediamo di nasconderla da qualche parte, di lanciarla nella sua cella e boh, magari può usare i medicinali.-

    Solo ora mi sembra un’idea stupida e quindi mi zittisco, ma lei è più distratta di me e mi domanda ancora chi ci sia di guardia.

    -Ayuub, te l’ho detto prima…-

    Mormoro ma senza astio, anzi, allungo una mano a carezzarle i capelli perché è plausibile sia nervosa e distratta, stiamo andando a metterci nei guai e non abbiamo nemmeno la certezza di riuscire a portarlo via.

    CITAZIONE
    Secondo te cosa succederà? Cosa ci troveremo davanti? Ho paura Jerome, una paura tremenda eppure ho un fuoco dentro che mi scalda tutto qui, voglio salvarlo, voglio portarlo a casa

    Mi domanda cosa immagini di trovare là ed io stringo il volante più forte cercando di scacciarmi dalla testa tutte le fantasie macabre che mi sono fatto nell’ultimo periodo.
    Deglutisco, ho paura di trovarlo morto o rovinato perché dopotutto non può essere un fiore se sono arrivati a tagliargli un braccio da vivo, ma lei è speranzosa, parla di un calore dentro e della paura di perderlo… io non ho nessun calore, solo quella rabbia inumana che lui tanto condannava eppure se non fosse per quella io ora non lo stare andando a prendere.
    Sospiro, siamo anche piuttosto vicini:

    Non lo so, immagino che saranno cose forti da accettare, lui non è il solo e a quanto dice Secco ci sono molti nella sua situazione, penso sia qualcosa che non possiamo immaginare, per quanto la situazione qui fuori non sia rosea è difficile riuscire ad immaginare un olocausto di gente comune…


    Olocausto, sì perché questo mi è sembrato il biondo raccontasse: gente che lavora e allora sopravvive a stento, gente che le forze per produrre non ne ha e allora muore nel peggiore dei modi con l’aggravante di uomini che mangiano altri uomini.
    Il braccio di Klavdy aveva un morso proprio sul muscolo.
    Ho un conato di vomito ma mi trattengo e continuo a guidare in silenzio zittendo pure la radio che quando prendiamo buche con troppa veemenza inizia a sparare delle vecchie hit estive a causa del CD inserito.
    Rivedere quel luogo mi fa sentire le mani sudate e la vista quasi mi si appanna a causa della pressione, ma cerco di restare sul pezzo e prendo una strada larga in modo da circondarlo tutto e fermare il veicolo lontano nella boscaglia che sta sul retro del vecchio carcere di cemento.
    E’ davvero immenso visto da qui e subito con lo sguardo inizio ad indagare su ciò che nel foglietto ho cerchiato più volte: lo scavo delle latrine.
    Strisciamo, gattoniamo e camminiamo a lungo tutt’intorno ma sembra non esserci, non ci sono fosse o almeno così pare fino al nostro terzo giro dove ci rendiamo conto di una rientranza nel terreno dalla quale proviene una puzza tremenda.

    -Bingo!-

    Dico e lancio un’occhio al piccolo stabilimento di legno oltre la recinzione, a quanto pare ai signorini piace fare i bisogni appartati visto che il casolare di legno adibito a latrina e tirato su ad una qualche maniera sta proprio sul retro, lontano dal cortile interno.
    Indico con un cenno del capo il buco a Millie e studio i liquami galleggianti, spero non sia più profonda di me o qui è la fine, finisce che annego nella… nella cacca.
    So nuotare ma il letame ti spinge a fondo, non ti lascia scampo è molto più letale dell’acqua e me lo ricordo perché quando andavamo in campagna da mio nonno ci diceva sempre di girare lontano dalla buca che raccoglieva i bisogni delle mucche.
    Sospiro.

    -Entro io, devo vedere quanto è profondo e poi mi segui… questa roba ti porta a fondo se è troppo densa.-

    Ma alla fine mi lancio trattenendo il fiato e tappandomi il naso.
    Mi arriva giusto alla pancia ed ha un odore così disgustoso che ogni tanto mi ritrovo a lottare con il bisogno di vomitare, ma non ora! Se apro la bocca sarà peggio.
    Faccio cenno a Millie di seguirmi e questa si da da fare e iniziamo a camminare verso la strettoia che porta sotto la recinzione, siamo praticamente obbligati a piegare la testa a trattenere il respiro e ad andare con il muso sotto il livello del liquido ma ci teniamo la mano saldissima e guai anche solo a scivolare l’uno dalle dita dell’altro.
    Questa cosa la stiamo facendo assieme ed ora che siamo qui sotto tutto questo p-piscio, sembra più folle che mai.
    Riemersi usciamo dal buco della latrina a fatica, fortunatamente non è occupata ed io sono il primo a tirarsi fuori passando dal foro di legno largo largo: una spalla per volta ed uscito aiuto Millie tirandola su.
    Puzziamo, ma almeno non ce ne rendiamo conto anestetizzati dal tuffo.
    La studio, ha i capelli pieni di merda e allungo due mani a pulirle il muso come meglio posso, mi scappa una risata nervosa mentre sussurro:

    -Siamo dentro! E tu sei bellissima anche così…-

    E’ vero, sembra illuminata di speranza e per qualche secondo anche io ci credo mentre sgusciamo fuori dalla porta e studiamo il metodo più veloce per entrare.
    A quanto pare le sentinelle non sono così furbe, controllano i lati che danno direttamente sulla strada principale e non quelli ciechi, ma la gente potrebbe tranquillamente entrare da altrove proprio come abbiamo fatto noi.
    Notiamo diverse finestre, ma nessuna di queste è aperta o anche solo allentata, romperle farebbe un caos allucinante dunque proviamo a sollevarle tutte notando alla fine una piccola finestrella che da probabilmente su uno degli uffici ed è porpio lì che riusciamo ad entrare facendo saltare la molla che tiene le ante chiuse, Millie passa nel poco spazio che c’è per prima ed io per secondo facendo fatica a causa delle spalle larghe, mi taglio addirittura un bicipite a causa della ferraglia che abbiamo forzato, non voglio pensare alla schifezza che è entrata in quella ferita quindi scuoto la testa e riappoggio i piedi al pavimento ignorando il sangue che mi gocciola lungo il gomito.

    -Non è nulla…-

    Dico mentre mi guardo attorno e cerco di far mente locale: è molto diverso dal carcere del mio paese, ma i vecchi computer e le scartoffie mi fanno capire che siamo probabilmente nel reparto dei laboratori, sono vecchi laptop numerosi e ci sono pure dei libri sulle scrivanie che giro e rigiro.
    Sì… era decisamente il club informatico per i detenuti quindi le celle non devono essere troppo lontane.
    Prima di uscire apro la mia borraccia e mi sciacquo il braccio ferito ed il muso invitando millie a fare lo stesso anche se lei ha i capelli lunghi quindi pulirsi le viene più difficile, ma poco conta… abbiamo comunque i vestiti pieni, almeno però non ci entra negli occhi.
    Ci buttiamo nel corridoio che le celle son gremite, non tutte ma molte… sembrano quasi ombre che affollano spazi piccolissimi: alcune sono distese, altre sedute e altre ancora appese alle sbarre che seguono la luce che filtra dalle finestre.
    Afferro la mano di Millie cercando di camminare il più piano possibile e di guidarla da qualche parte anche se non so dove cercare.
    Controlliamo ogni muso ma già alla seconda cella qualcuno ci incalza, ci chiama a gran voce e ci domanda cosa ci facciamo lì.
    Mi blocco, osservo i loro volti nel chiaro della luna qui fuori e nei lampioni di sicurezza che hanno installato.
    Mi ripeto che non sono umani, che sono la cosa più vicina alla linea sottile tra uomo e cervello molle… non c’è anima che non abbia ferite addosso e costole in bella vista sotto gli abiti malconci.
    Domandano chi siamo ed io mi tengo Millie più stretta ai fianchi mentre cammino, cerco di trattenere il fiato e di fare come nemmeno m’accorgessi di loro, ma realizzo che esistono, che hanno voce quando uno tra loro che ha i capelli bianchi e la barba sporca mi guarda e dice:

    CITAZIONE
    Fateci uscire! Noi-Noi stiamo zitti ma aprite queste celle!

    Mi blocco per un’istante e li studio, vogliono solo scappare è normale… inizio a studiare le serrature rendendomi conto già adesso di quello che incontreremo anche quando arriveremo a quella di Klavdy: le sbarre sono troppo spesse per le nostre tenaglie e la serratura è di quelle larghe, praticamente impossibile da scassinare eppure ci provo con le mani che tremano a far forza ad una delle loro celle, alla fine se escono faranno del casino e del casino potrebbe aiutarci a distrarre le guardie:

    -Io non riesco, okay? Non funziona, non va bene nulla per aprire questa cella, ma se ci dite dove possiamo trovare il nostro amico dopo averlo liberato n-noi vi lasciamo la cassa degli attrezzi.-

    Del casino potrebbe anche voler dire guardie che ci corrono addosso, ecco perché l’idea migliore forse è lasciare qualcosa che possa essergli d’aiuto quando saremo lontani da qui.
    Gli occhi del vecchio che mi sta davanti si fanno lucidi ma annuisce e indica un ragazzo che si fa strada tra tutti per appendersi alle spalle mentre Millie mi da corda:

    Parla ed io seguo le sue parole distraendomi, n-non ha le orecchie ed il suo naso è spuntato segno che anche lui ha avuto la sorte simile a quella del nostro amico.
    Magro, è davvero magro.
    Parla di scale, indica una zona ma io sono perso, totalmente immerso nelle sue cicatrici mentre mi dico che f-forse dovremmo davvero aprire queste celle, trovare il modo di salvare tutti, di mettere fine a questa merda.
    Ma questo afferra Millie così forte che lei geme e le dice che lo deve liberare, che era un patto.
    Mi avvento su di lui strattonando via la mia ragazzina e iniziando a correre verso le scale che danno al piano di sotto senza più dire una parola, senza promettere niente.
    Disumanizzato.
    Riecco la capacità che ti spaventava, amico mio, che torna a galla e mi spinge ad ignorare la massa d’anime che mi domanda aiuto solamente per venirti a cercare perché sei tu che vali per me e tutti gli altri sono obbligato a vederli come un intralcio.
    Ci rendiamo immediatamente conto di come la temperatura cambi quaggiù: se già nelle celle del piano superiore il gelo è pungente qui lo è ancor di più, colpa dell’essere sotto terra, dei muri spessi ed infatti si condensano nuvole di vapore fuori dalla nostra bocca.
    Stringo la mano di mille e punto con la torcia il corridoio mezzo vuoto, nessuna guarda a quest’ora giustamente… sono tutte appostate fuori.
    Le celle sono vuote però, ne controlliamo parecchie, lo chiamiamo sussurrando il suo nome e sbirciando in ogni singola stanzetta in vista.
    Niente.
    Dove diavolo sei fratello?

    CITAZIONE
    -Jerome…-

    Millie mi chiama e scatto sull’attenti voltandomi verso il suono e la vedo in piedi con le mani appese alle sbarre di una cella, subito accelero il passo, corro con la cassetta tra le mani ma capisco dal suo volto che le cose non sono come ce le aspettavamo.
    Ha perso l’espressione seria e le sue sopracciglia sono parentesi tonde che puntano al basso, gli occhi pieni di lacrime mentre la vedo sbracciarsi con le mani verso le brande ma non passa, non passa tra il ferro ed io butto un’occhio a studiare quello che più che un uomo sembra un cumulo d’ossa senza maglia, con una coperta soltanto attorno alle gambe e il viso dannatamente gonfio.

    -Klavdy? K-klavdy!-

    I tatuaggi sono i suoi: le ali sulla schiena, le piramidi sul petto ed il braccio che gli manca.
    Sento il sangue scendermi ai piedi mentre anche io mi lancio sull’acciaio e cerco di forzarlo con le mani scoppiando a piangere.
    Come diavolo sono riusciti a ridurlo così? Dove lo hanno trovato il coraggio di picchiarlo così forte anche se piangeva, anche se… anche se chiedeva aiuto.
    Come hanno potuto non pensare che c’é gente che lo ama? Che soffre l’inferno a vederlo così? Il mio fratellino…


    CITAZIONE
    Klavdy o-ora ti liberiamo, mi senti? Hey mi dispiace, mi dispiace per tutto questo, tu non lo meriti... Ti Amo, ti Amo

    Sento Millie chiamarlo, dirgli che lo ama e cercare d’attirare la sua attenzione allora anche io alzo la voce:

    -Mi senti fratello? Sono Jerome, s-sono venuto a salvarti le chiappe amico, io ora… troviamo il modo di entrare e ti portiamo a casa, ti portiamo a farti sistemare le ferite e poi ti facciamo mangiare un sacco di patate, t-tutte quelle che vuoi fratello, quante te ne stanno nello stomaco. Mi senti? Mi senti? Klavdy, p-per favore ci devi dire dove sono le chiavi questo stupido stronzo, merdosissimmo, bastardo e figlio di puttana di un ferro non si apre!-

    E ad ogni imprecazione batti più forte sulle sbarre ferendomi le mani ma proseguendo, andando avanti e colpisco e colpisco spaccandomi le nocche, le unghie, la pelle tutto ma non fa una piega, non fa una maledetta piega ed io piango, singhiozzo cercando addirittura di piegarle a mani nude quando al tenaglia non riesce, divento viola in viso, mi si gonfiano le vene ma nulla… non si smuove.
    Proviamo a prenderlo a calci insieme come Millie suggerisce e colpiamo così forte da farci male ai talloni ma nulla, nulla.

    -Maledizione! Maledizione Dio, vuoi d-darmene una buona? Te lo sto chiedendo perfavore!-

    E imploro chi? Il soffitto forse facendo un grandissimo dito medio a Gesù Cristo che ci ha aiutato a portarci da lui, a farcelo rivedere a che scopo? P-percepirlo ferito, lontano ed impossibile da raggiungere.
    Eppure è così vicino che sento la puzza orrbile delle sue ferite infette, del sangue, penetra anche oltre l’odore terribile della schifezza che abbiamo addosso.
    Provo con un seghetto sforzandomi di tagliare il ferro, ma fa solo un gran rumore, scintille se sforzo e nulla più… eppure continuo e continuo fino a che qualcosa non mi punge le orecchie: una voce.

    -Aiuto! Aiuto! Sono entrati! Vogliono il russo, vogliono liberare il russo e sono nel seminterrato… nel seminterrato bastardi! La prossima volta imparate a lasciarci qui schifosi ingordi, aiuto! Qualcuno venga, Deacon! Deacon!-

    -Schifosi…-

    Impreco e inizio a cercare nello zaino la bustina di medicinali con le mani che tremano, la lancio oltre le sbarre così forte da fargliela rimbalzare sul petto e provo un’ultima volta a forzare la cella.
    Niente, d-dio… non viene e mi ritrovo obbligato a lasciare andare le sbarre solo quando Millie, più saggia di me m’afferra i polsi e mi trascina correndo verso le scale che risaliamo ripercorrendo tutto il percorso al contrario passando addirittura davanti al tizio che urla e ci guarda con un ghigno sdentato.
    Probabilmente tutto questo lo stesse raccontando lui, sareste stati dalla sua parte, dalla parte di quello che solo una mezz'ora fa ci ha indicato le scale sperando d'essere portato via.
    Quello che ora ci condanna a morte.
    Lo condanna a morte.
    Fratello.
    Si sono accese luci in corridoio ed ormai ci stanno imbottigliando, ma me ne frego e punto la pistola a sparare in faccia al figlio di puttana che s’è sentito abbandonato per l’ultima volta.
    Mi maledice Millie, dice che gli abbiamo dato un’indizio, ma io sono ancora sporco di lacrime e di merda e me ne frego.
    Non avremmo mai più nulla di quello che avevamo prima.
    Potremmo dire d’averci provato.
    Potremmo dire d’averlo portato via da qualcosa di peggiore della morte.
    E resto imbambolato a fissare gli altri nella sua cella che si strappano i capelli e poi fissano me, mi urlano cose terribili che mi scivolano addosso.
    Voglio restare qui, forse.
    E’ finita e basta.
    Ma m’allaccia ancora la mano la ragazzina e mi sento tirare e tirare e allora mi ricordo che non posso decidere io per la sua sorte, che Tezca a casa rivuole sua figlia.
    Ricomincio a correre e correre mentre sentiamo passi sempre più vicini alle nostre schiene, non ci vedono nell’ombra e sparano alla cieca colpi che evitiamo e all’improvviso all’improvviso realizzo, fratello mio, che probabilmente non ti rivedrò mai più.
    Avrei preferito non venire.
    Avrei preferito continuare a ricordarti com’eri un tempo e non con quella faccia gonfia, non in quei contorni sghembi dove non ho potuto nemmeno contare tutto quello che ti hanno fatto.
    Non laverò più via la tua puzza dalla mia testa.
    Non laverò più via il suono dell’aria che gratta nei tuoi polmoni.
    Avrei preferito restare a casa.
    Avrei preferito annegare in questa merda che stiamo riattraversando a nuoto da capo,
    Ancora una volta,
    Per tornare indietro,
    Senza di te.

    Disumanizzato.
    Tutto ciò che mi ha quasi ucciso.


    Pics-Art-08-04-02-17-41



    Soldato ↺ 26 anni ↺ Eterosessuale ↺ Non ho mai avuto paura

    SCHEME ROLE © AIKO-CHAN



    Edited by Svomo. - 4/8/2021, 03:35
     
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    La prospettiva che mi aveva dato Jerome quando si era finalmente deciso ad appoggiarmi era piuttosto rosea, così tanto che mi aveva fatto sorridere appellandomi ad amazzone e facendomi notare che forse avrei preferito sembrare una principessa ma che le circostanze non lo avrebbero permesso e ci credo: siamo fradici e sporchi di escrementi, puzziamo in modo indicibile eppure nemmeno questo ci ha fermato, stomaco di ferro e cuore di fuoco, tutto per salvare chi è stato mille volte più forte di noi perchè possiamo solo immaginare come si senta e quanto dev'essere esausto e debole per non sentirci perchè facciamo casino, un sacco di casino e non per goliardia ma tutt'altro, abbiamo un paura fottuta e stiamo cercando di liberarlo in ogni modo possibile.
    CITAZIONE
    Il mondo è a pezzi, dico bene? Mio fratello è morto e molto probabilmente lo sono anche i miei genitori e t-tutte le persone che non abbiamo portato con noi, la strada pullula di morti viventi e non abbiamo più nulla di quello che avevamo prima. Klavdy era l’unica cosa che mi ricordasse com’è fatto il calore di una famiglia ed è là fuori a passare le pene dell’inferno, se riusciamo nella nostra opera lo riportiamo a casa, il mondo continuerà a fare schifo ma noi saremo ancora insieme io e te, tu e lui, io e lui… se non riusciamo allora avremmo avuto comunque meno da perdere e se lui dovesse morire noi… noi l’avremmo comunque portato via da qualcosa di peggiore e almeno sapremo d’averci provato fino in fondo…

    Aveva detto ed è per quelle parole e per mille altre che mi ero detta io che ora ho il viso che è un disastro di lacrime, io non voglio arrendermi, voglio buttare giù questa dannata porta e non ho neanche la calma di ragionare, non credo ci siano falle in queste porte dell'inferno e più chiudo gli occhi, più mi vengono in mente solo immagini di quelle serate, quelle mie e sue dove stavamo stesi sul letto a parlare di tutto e di niente, dove facevo la scema perchè mi piaceva vederlo in imbarazzo e... il giorno del mio compleanno che ora sembra così lontano...
    CITAZIONE
    Maledizione! Maledizione Dio, vuoi d-darmene una buona? Te lo sto chiedendo perfavore!

    Urla Jerome mentre cerca di far saltare almeno una stramaledetta barra, basterebbe, è così magro che basterebbe ma è ferro tenace, spesso che servirebbero ore per farlo cedere e noi le ore non ce l'abbiamo e guardo la schiena di Klavdy dove una madonna bizantina mi guarda di sbieco con il bambinello in braccio, tiro su col naso e cerco occhi sacri nel soffitto al quale si è rivolto l'ex soldato
    -Perfavore... perfavore
    Mi ritrovo a pregare per la prima volta in vita mia, lo avevo già fatto una volta al Mall quando lo cercavamo ma non è stato come ora, quella era una speranza rivolta all'universo, ora invece mi sento quasi patetica, disperata ma ormai sono al limite e se non provassi a rivolgermi anche al cielo, ad un Dio di cui non ho mai sentito l'esistenza... bhe mi sembrerebbe di fare un mancanza, di non averci provato abbastanza.

    -Come mai la madonna? Sei cristiano?
    glielo chiesi una volta, mentre eravamo stesi sul letto, lui era a pancia sotto e io tracciavo con le dita i contorni dei suoi tatuggi un po' sfumati, sarebbero stati da ribattere ma vallo a trovare un bravo tatuatore in tempo d'apocalisse.
    - Cristiano ortodosso e dico... tipo hai presente, no? Ci battezzano nelle vasche grandi e la Madonna, questa qui, per noi era tipo... solo un donna, capito? Una donna che fa questo gesto d'amore immenso e disinteressato per il suo bambino, per Gesù... questo la rende Santa, no? Tipo a me fa pensare alla mia mamma, mi voleva bene e mi diceva sempre che l'amore è alla base di tutto, capito? Che dai amore e amore ritorna, come... come alla Madonna, no?
    Mi aveva risposto e lo avevo trovato dolce e m' aveva parlato tanto ancora della religione e dello stile bizantino delle iconografie russe, lo aveva fatto così perchè quello stile austero e classico che gli ricorda la sua patria, Klavdy è così legato alla Russia e io gli avevo proposto anche di volarci insieme una volta, lo vorrei davvero, vorrei prendere un aereo e portarlo in quella terra fredda dove magari è pieno di zombie come qua oppure...oppure scopriamo che solo l'america è in questa situazione e che tutto il resto del mondo è salvo, che in Russia tutti vivono normalmente e noi sembriamo arrivati da un altro tempo.
    Ogni tanto li facevo sogni del genere ma ultimamente non più, faccio solo incubi o sogni neri, mi sveglio spaventata o piangendo e più di una volta mi sono infilata in camera di Jerome o in camera di Tezca, anche loro hanno passato momenti del genere e sono gli unici con cui mi sento più serena a dormirci vicino.


    Jerome ci da dentro con il seghetto, fa un rumore tremendo come unghie ulla lavagna ma in questo momento mi sta bene, mi sta bene basta che funzioni e giurerei che qulcosa sta facendo, giurerei che il ferro si stia erodendo, fa scintille!
    CITAZIONE
    Aiuto! Aiuto! Sono entrati! Vogliono il russo, vogliono liberare il russo e sono nel seminterrato… nel seminterrato bastardi! La prossima volta imparate a lasciarci qui schifosi ingordi, aiuto! Qualcuno venga, Deacon! Deacon!

    Mi si gela il sangue nelle vene e sento il cuore come se cadesse in un baratro profondo e un nodo in gola, non può essere! Perchè? Perchè tradirci così? Potevamo aiutarli davvero, se avessero avuto la pazienza di aspettare, di coprirci ancora per un po' noi... noi il seghetto e la tenaglie glieli avremmo lasciati!
    -No... p-perchè?
    sussurro a me stessa o forse ad un Dio infame che non ha voluto neanche cocederci un ultimo abbraccio e mi lacrimano gli occhi di nuovo perchè so benissimo cosa mi toccherà fare: guardo Jerome lanciare i medicinali a Klavdy che ancora è incoscente e continua a provare a forzare la cella il soldato ma io li sento i passi e tremando come se fossi a diversi gradi sotto zero afferro i polsi di Jerome, ho gli occhi fissi su Klavdy ma... ma si avvicinano e non possiamo permetterci di farci prendere, ho avuto un briciolo di tentazione, la speranza di finire in cella con lui ma siamo realisti: quale criminale metterebbe due amici o due amati nella stessa cella?
    No, no se ci prendessero ci userebbero contro di lui, ci farebbero fuori davanti a lui solo per farlo soffrire e non possiamo, non possiamo davvero.
    -Andiamo
    e suona tanto come una supplica perchè mi costa un pezzo di cuore sputare fuori quella parola e costringere i miei piedi ad allontanarsi da lui senza neanche poterlo salutare, senza poterlo baciare un' ultima volta e ho proprio paura che questo sia un addio vero.
    Facciamo tutta la strada di nuovo, saliamo le scale e ripercorriamo il corridoio con le celle di corsa e lo vediamo, lo vediamo bene ora che le luci sono accese il ragazzo che ha gridato: è giovane ma i suoi linementi sono compromessi dalla magrezza e dal naso mozzato, non ha i padiglioni auricolari ma questo lo avevo già notato prima ed è sen'altro colpa delle guardie ma lui ghigna mentre ci guarda correre come topi in trappola, ha un espressione in faccia che non saprei definire: cosa spera di ottenere così?
    Eppure è convinto di aver fatto la cosa giusta, si vede... continuo a considerarlo uno stronzo!
    Sto cercando di scavalcare la porta per tornare nell'ufficio e uscire ma vedo Jerome tirare fuori la pstola dalla cinta e temo ci siano nemici così mi fermo ma lo vedo puntarla verso il ragazzo e sprare prima ancora che possa parlare
    - Jerome no! Maledizione o-ora sanno dove siamo, muoviti!
    gli dico tirandolo, perchè deve fermarsi così?
    Gli uomini nella cella del ragazzo gridano, si portano le mani alla testa, ci danno degli stronzi bastrardi e chiamano questo "Dean" che inizio pensare sia un pezzo grosso o quello incaricato di occuparsi dei prigionieri eppure deglutisco, è un nome che non mi è nuovo ma non so dove...
    è un fulmine, una consapevolezza che mi colpisce come quella botta in testa, mi mi tremano le mani mentre stringo i denti perchè mi viene in mente quando l'ho sentito... quella notte, qualcuno ha pronunciato quel nome più di una volta.
    Strattono Jerome, non mi interessa chi siano i nostri nemici, vorrei davvero fargliela pagare ma non è questo il momento, siamo in due e simo carichi di rabbia e ansie, ci faremmo ammazzare!
    Sento i proiettili sfrecciare e colpire il muro in vari punti e la finestra non distnte da noi
    -Cazzo!
    impreco mentre ce la svignamo e ringrazio il fatto che non ci abbiano visto, non sanno dove mirare e la cosa mi rasserena anche se non quanto vorrei.
    Riattraversiamo il cortile in una corsa a perdifiato dove li senti attaccati al culo eppure non sono così vicini, sparano alla cieca ma ho paura, paura per me, per Jerome per Klavdy e mi divora il pensiero di non essere riuscita a tirarlo fuori da quelle sbarre.
    Klavdy potrai mai perdonarmi?
    Riattraversiamo i liquami e mi chiedo e forse... forse... forse avremmo dovuto riservare anche al nostro amico la premura di scoppiargli un proiettile in testa eppure un pensiero tanto atroce mi fa scoppiare di nuovo a piangere e me ne resto così, a tremare e piangere forte attaccata alla maniglia del pick-up dopo essermi lavata la faccia e la testa con l'acqua che mi era rimasta nella borraccia.
    Salgo in auto e non ce la faccio a dire il motivo del mio pianto a Jerome che mi guarda, credo anche lui abbia pensato a cose simili, sembra serissimo, incazzato nero, triste da far paura eppure dovevamo farlo d provarci, dovevamo, era nostro dovere ma dannazione!
    Avrei voluto risolvere qualcosa.
    Poso un mano sulla sua stretta al volante
    -Andiamo a casa Jerome, io non mi sono ancora arresa
    gli dico e punto lo sguardo fuori dal parabrezza, sulla prigione che da fuori non sembra così agitata...
    è una mezza bugia quella che gli ho detto: ho detto addio a Klavdy, ho fatto pensieri terribili e ho appena avuto un crisi di pianto dalla quale mi sto ancora riprendendo, devo ancora regolarizzare il respiro e tiro ancora su con il naso ma io giuro che questo posto non lo lascio in piedi, mi hanno portato via l'unica cosa bella che avevo trovato, l'unico uomo che mi ha fatto battere il cuore e allora lo voglio radere al suono, a costo di dover smontare queste merdose mura mattone per mattone, voglio appostarmi sul tetto del pick-up e sparare a tutte le sentinelle una per una a costo di farmi ridurre ad un colabrodo... Klavdy sotto questo cielo, davanti a te e al tuo dolore, io giuro vendetta.
    Un modo per espiare le mie colpe e per mettermi l'anima in pace, non posso fare diversamente: non sono riuscita a salvarlo, non sono riuscita a strapparlo ad altre torture indicibili alla quale lo sottoporranno e allora almeno voglio trucidare i bastardi che ci hanno causato tutta questa sofferenza.
    Jerome piange mentre torniamo indietro ma stavolta è lui che lo fa piano, qusi senza singhiozzare e capisco che non si è esso il cuore in pace, sta pensando a qualcosa di doloroso e lo guardo, ci fermiamo un attimo e lo abbraccio forte, ormai è andata, abbiamo fallito e dovremmo fare i conti con quello che ci aspetta a casa ma tanto qualsiasi strigliata sarà meno peggio di quello che abbiamo vissuto, di quello che abbiamo visto eppure dovevamo vederlo con i nostri occhi o avremmo avuto il rimpianto per sempre.

    Arriviamo al Mall, parcheggiamo il pick-up e strappiamo le buste che Jerome ha accomodato per non illerciare i sedili ma non facciamo tempo a mettere un piede dentro che un Delroy completamente furioso ci viene in contro e non ci mette le mani addosso solo per via di come siamo ridotti, grida però, ci da dei deficienti, dei pazzi e altri insulti piuttosto appropriati, ci spedisce a lavarci e dice che ne riparleremo dopo, di non provare ad evitare la cosa ma onestamente non ne ho nessuna intenzione perchè anche io ho delle cose da dirgli.
    -Jerome grazie, sei il miglior amico che si possa desiderare e... mi dispiace di averti trascinato con me n-nella merda e non solo
    gli dico sorridendo sconsolata prima di dividerci in corridoio, le nostre stanze sono ai lati opposti e io devo andare a prendere gli asciugamani per andarmi a lavare come pure lui.
    Sotto la doccia penso a tutto quello che è successo con più lucidità... non sono ancora sicura di quello che avremmo dovuto fare con Klavdy, abbiamo provato a buttare giù quella ferraglia con tutti noi stessi, con un adrenalina senza pari e non ci siamo riusciti, lui non si è svegliato: che sia in coma?
    Magari lo hanno picchiato tanto forte da avergli causato qualche danno anche a livello celebrale eppure Delroy ha detto che questa mattina era in piedi, che l'abbiano sedato allora?
    Magari sbatte forte alle sbarre e fa così casino, ha così dolore al braccio e al corpo che devono farlo dormire e aspettano smaltisca gli effetti solo per procurargli ulteriore sofferenza... io non lo so cosa pensare ma è strano davvero che non si sia svegliato per niente, nè per le nostre voci, nè per il caos che abbiamo fatto.
    Arrivo in cucina ma sono da sola con Delroy, Jerome non c'è e onestamente non credo ci raggiungerà.
    Delroy mi tira le orecchie e non solo in senso figurato, mi fa una ramanzina con i fiocchi e mi da dell'incosciente ricordandomi che Tezca è in un letto d'ospedale e ora non sa nemmeno se dirgli del mio colpo di testa o meno, distolgo lo sguardo, non vorrei glielo dicesse ma forse dovrebbe saperlo
    -Delroy avevo bisogno di vederlo con i miei occhi! Mi hai detto che era provato stamattina, la verità è che è distrutto! Abbiamo fatto casino, abbiamo fatto un sacco di rumore e lui non ha mosso un muscolo eppure respirava, ti assicuro che respirava, la vedevo la cassa toracica muoversi ma non ha sentito niente, c'è una marmaglia di gente nelle loro celle ma Klavdy è da solo, il ragazzo che abbiamo ucciso ha parlto di isolamento: lo tengono da solo, al freddo ed è tanto magro, tanto solo...
    Ho avuto pensieri terribili là dentro, ho pensato cose che prima avrei considerato delle cazzate, io alla morte misericordiosa non ci ho mai creduto Delroy ma ti giuro che il pensiero mi ha sfiorato e ringrazio solo di essere stata abbastanza lontana da lui in quel momento perchè un proiettile per lui e uno per me nemmeno Jerome me li avrebbe tolti

    Sono pensieri che detti ad alta voce e dalla bocca di una ragazzina forse fanno storcere il naso ma sto parlando con una serietà visibile, non sono cazzate da romanzo, non sono le fantasie tragiche di una ragazzina darkettona, sto parlando di qualcosa che ho provato sulla mia pelle meno di tre ore fa, lo avrei fatto, lo avrei fatto senza pensrci troppo se mi fosse venuto in mente prima e mi stringo i capelli, ora puliti mentre non ho voglia nemmeno di mettermi seduta nonostante le gambe mi facciano un male del diavolo
    -Fatto sta che il casino lo abbiamo fatto, capiranno che siamo stati noi e abbiamo poche possibilità:O ci prepariamo a combattere e aspettiamo zitti zitti o attacchiamo per primi...io e Jerome siamo passati dalle latrine, fa schifo ma nessuno controlla ovviamente, potremmo passare di nuovo da li e attaccarli direttamente dall'interno, sono piuttosto disorganizzati, il posto è grande e chi ha le armi ci mette tempo ad arrivare. Sarò schietta, non sgridarmi perfavore: voglio vendetta Delroy
    gli dico battendo una mano sul tavolo di legno, ho esaurito le lacrime forse, ho finito il cuore, non ne è rimasto che briciole e ora ho solo una rabbia che mi divora dentro.


    SexOtEg


    What a lovely day

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    Edited by Kiruri - 6/8/2021, 21:18
     
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    Delroy Mcavoy


    La giornata è stata intensa, ma il lato positivo è che quello che sembrava essere una cosa terribile capitata a Tezca è definibile ‘solo un graffio’ se vivi in un mondo dove rischi d’essere sbranato e ucciso ad ogni passo.
    Un timpano rotto, Zhao ha detto che ci vogliono fino a due mesi perché si rinsani, ma che agitarsi è del tutto inutile, alla fine basta infilarci del cotone e prendere qualche antidolorifico.
    Meglio così, avevo temuto un trauma cranico o qualcosa che potesse fargli fare la fine di Jibbo.
    Jibbo, già… a volte ci penso ancora a quel maledettissimo ed adorabile uomo, sempre capace di metterti il buon umore e gentile con chiunque, ricordo che il primo periodo che Klavdy arrivò al Mall lui lo trattò con rispetto quando tutti lo trovavamo bizzarro, io per primo pensai a quanto diavolo fosse inutile tenere un tossico tra di noi, eppure Jibbo ci aveva visto lungo:
    ‘Questo ha le spalle larghe ed è timido, te lo dico io: lavoratore instancabile e buono di cuore.’
    Aveva avuto ragione, ci avevo messo circa un paio di settimane per ricredermi sulle pessime cose che avevo pensato del russo.
    Se non fosse stato per Jibbo, poi, io probabilmente sarei rimasto in quel limbo di chiusura in me stesso.
    Gli volevo bene, cazzo se gli volevo bene infatti mi rendo conto che sto fissando il suo letto vuoto ormai da quanto? Sei mesi? Eppure non mi sono mai preso la briga di pensare al fatto che: noi non abbiamo un cimitero.
    Abbiamo bruciato tutti i nostri morti per il terrore della puzza, del risveglio, ma abbiamo assodato che un colpo in testa ti ammazza per sempre, no?
    Eppure pare che ci stiamo abituando perché l’istinto qualche giorno fa c’ha spinto a seppellire il braccio di Klavdy, proprio come si faceva prima.
    Pessimo auspicio aveva detto qualcuno, ma cosa potevamo fare? Tenerlo nel congelatore? Poi da come l’abbiamo visto l’ultima volta…
    Dovremmo iniziare a fare delle targhe in ricordo di chi abbiamo perso, di chi perdiamo e… e perderemo.
    Zack, il figlio di Marilyn, non la prima vittima di questo posto ma la più disperata, altro mio compagno di avventure, aveva il muso tanto da angelo quanto gli occhi erano infossati, perse tutti i suoi fratelli uno per uno.
    Erano molti.
    Jibbo, amico caro di una vita ammazzato dall’ingordigia, da un colpo di testa di un uomo bastardo, lo stesso uomo che ci ha tenuti bloccati nelle nostre stesse mani, ma è tempo di ribellarci.
    ‘I farmaci scarseggiano’ è la stessa frase che ha detto stasera gonfio sul muso dai miei pugni, ha nuovamente attaccato l’inutilità della nostra spedizione, ed io mi sono limitato ad alzare la voce a dirgli che se davvero avesse continuato a parlare allora l’avrei fatto fuori.
    Ma sento il fiato sul collo di un Joshua che mi guarda come fossi un cane, penso potrebbe uccidermi da un momento all’altro se solo sbagliassi ad influenzare la gerarchia, ma onestamente penso che stiamo riuscendo pure noi a far valere le nostre idee, siamo in tanti e la maggior parte di coloro che non ha aderito alla scelta di dare le nostre provviste non era dalla parte di Françis, ma semplicemente imparziale.
    In ogni caso Tezca non sarà un nuovo Jibbo e nemmeno un altro Klavdy e questo Françis sembra averlo capito.
    Poi chi c’è stato?
    Comunque mi vien da pensare che se solo avessimo tirato fuori le palle per attaccare uniti e tutti insieme magari… magari ce l’avremmo pure fatta.
    Però mi tocco la pancia nuda e ci trovo la cicatrice liscia del grosso buco che m’ha quasi ucciso e osservo Nana che s’è addormentata nelle mie lenzuola nel suo pigiama lungo e verde.
    La sfioro, sola non posso rischiare di lasciarla… ho promesso d’essere la sua seconda opportunità alla vita e se mai dovessi morire, se mai dovessi d’avvero soffrire dev’essere per salvare lei.
    L’ho promesso a te, Tallulah e anche a me stesso anche se i piani sono andati cambiando lentamente come lentamente mi sono adattato al vivere in una comune.
    Ho affetti ora e per quanto abbia provato a tenermene alla larga è stato impossibile, probabilmente per questo non dormo e sto qui a pensare a quanta gente s’è trovata nella merda a causa delle Guardie: Tezca in un letto di ospedale, Jerome a piangere nel suo letto e ad affamarsi, Anastasia a mangiarsi le unghie e Millie… dio santo, Millie.
    Non abbiamo avuto nemmeno il coraggio di raccontarle le vere condizioni del siberiano, è talmente distrutta che non la sento più parlare molto, eppure sta evitando i colpi di testa e questo mi sorprende davvero, sta maturando.
    Sto faticando io a far passare questa notte, figuriamoci lei con tutti i pensieri per la testa…

    -Ah,, al diavolo.-

    Mugugno tirandomi in piedi e sistemando le coperte addosso a nana, le metto i cuscini ai fianchi cosi che non cada e mi infilo una camicia nera molto spessa sopra il petto nudo, l’allaccio ed esco dalla camera a piedi scalzi, che ore saranno?
    Tardi, a giudicare dal nero pesto dev’essere lo spazio che taglia le tre e le quattro di notte, infatti aleggia un silenzio quasi inquietante nei corridoi del Mall, dormono tutti.
    Che poi continuiamo a chiamarlo Mall, ma questa è una vecchia casa d’accoglienza o di riposo, mica ricordo e nel Mall vero e proprio non ci entriamo da parecchio, sta al piano di sotto e ormai gli scaffali sono vuoti, le cose che abbiamo portato via e che sono avanzate ormai restano sigillate nel vecchi magazzini e… insomma non hanno vetrate e sono più difficili da espugnare.
    Approposito di magazzini, non dovrei ma decido di aprire l’armadietto del cucinotto dove solitamente Anastasia tiene gli avanzi di quello che cucina e trovo in una scatola di plastica alcuni biscotti alle noci avanzati, sono solo un paio quindi decido di prenderli e ficcarli su un piatto preparando anche una tazza di tè.
    Il tè non manca mai, abbiamo la fortuna che qui lo bevano veramente in pochi e ci sono molte bustine.
    Scelgo una tazza a caso senza troppa riflessione dietro, infatti ha su scritto tutte le specifiche del segno zodiacale Capricorno.
    Che grande cazzata, pensare che prima avevamo pure il tempo d’inventarcele queste puttanate.
    Reggo tutto in mano e cammino verso camera di Millie, potrebbe essere una buona idea… non ha mangiato molto a cena probabilmente pensava a Klavdy ed era pure preoccupata per Tezca.
    Non è da me fare questo genere di cose, ma sento di doverglielo, l’abbiamo illusa che ce l’avremmo fatta.
    Busso alla sua porta:

    -Millie?-

    Ma nessuna risposta e allora resto un secondo a fissarmi i piedi nudi sentendomi uno scemo con tutte queste cose in mano, magari è una di quelle persone che riesce a dormire senza troppi problemi anche sotto grande stress.
    Plausibile, il corpo si stanca.

    -Millie? Sono Delroy.-

    Ma ancora nessuna risposta dunque con il gomito faccio scattare la maniglia ed entro, mi rendo subito conto nel buio che il letto è disfatto, ma totalmente vuoto.
    Che sia in bagno o in camera di Jerome?
    Appoggio il vassoio sulla scrivania e tocco il letto trovandolo freddo, puttana… questo non mi suggerisce niente di nuovo.
    Il guanciale pure è gelido, questo vuol dire che non è qui dentro da un po’.
    Spero davvero non sia uscita a cacciarsi nei guai, di questi tempi dovrebbe saperlo che anche una passeggiata fuori è letale.
    Abbandono té e biscotti per correre in camera di Jerome e senza nemmeno bussare apro la porta, spero davvero di vederla magari addormentata con lui ma nemmeno Jerome è in stanza.
    Ho un pessimo presentimento, così di merda che fatico pure a dirlo e dunque torno nella mia stanza vestendomi in fretta e furia, cambio i pantaloni del pigiama a quadri per infilare i soliti jeans lezzi e le scarpe ben strette.
    Dove cazzo possono essersi ficcati?
    Setaccio il mall in lungo e in largo: guardo nel garage, nei bagni di sopra e di sotto, nel magazzino e addirittura tra i vecchi scaffali del supermercato ma non sono da nessuna parte dunque decido di uscire in cortile e… il pick-up non c’è.
    Stringo i denti immediatamente: schifosi idioti, bestemmio ad alta voce mentre penso che sicuramente, sicuramente gli stronzi si sono messi in testa di fare una qualche operazione di salvataggio.
    Ma salvataggio di chi?! Di un corpo ormai mezzo morto con il rischio, anzi la sicurezza di restarci secchi?
    Sono solo in due e hanno visto, diavolo di un dio, come è strutturato quel maledetto inferno: vedette ad ogni angolo, filo spinato e zombie attorno, prarticamente inespugnabile.
    Mi mordo distrattamente la fasciatura al dito.
    Cosa cazzo dovrei fare?
    Avvisare Tezca? Già non sta bene e se sta riposando è giusto che riposi, avvisare magari Neil e chiedere una mano? Potremmo armarci e andare a vedere che cosa succede in quel posto, magari anche Hank potrebbe accettare di venire con un po’ di pressione.
    La verità è che ho paura di mettere nei guai altra gente del Mall e sento una pressione sullo stomaco che mi da la nausea.
    Mi rendo conto di star calpestando la terra camminando avanti ed indietro senza sapere cosa diavolo fare dunque mi spingo a risalire le scale correndo nella notte lasciandomi impronte di fango dietro, sta pure iniziando a piovere.
    La camera di Hank me la ritrovo davanti senza nemmeno rendermi conto d’aver seguito il percorso e butto giù la porta senza il minimo ritegno: è a letto totalmente nudo con la coperte che gli avviluppa le gambe.
    Alzo un piede e glielo punto nel costato.

    -Oh? Ti svegli?-

    Lo chiamo con tono secco, ma mugugna, mi da la schiena e continua a dormire… sento il cuore a mille dal panico ma sto cercando di non darlo a vedere anche se nonostante le temperature basse senta il collo totalmente sudato.

    -Ciao Delroy, è successo qualcosa? Tezca?-

    Sobbalzo e mi volto verso l’altro letto: Stecco è seduto con gli occhi ancora gonfi dai vecchi lividi e dal sonno, dimenticavo che condividono la camera.
    Si stropiccia le palpebre e si copre con la trapunta sul petto.
    Scuoto la testa:

    -No no, Tezca sta bene e sta riposando, ma Millie e Jerome sono spariti e temo siano andati a recuperare Klavdy, intendo dire… a fare un tentativo.-

    Lo vedo alzare le sopracciglia e puntare gli occhi fuori dalla finestra nel tentativo di trovare qualcosa di rassicurante da dire e ci passa un bel po’ prima che riapra la bocca tenendo le pupille fisse, non sbatte le palpebre:

    -Si vede che quel posto non l’avete mai visto, nessuno ci va di sua spontanea volontà, l-lì è dove il mondo finisce e i confini sono praticamente inespugnabili, sparano a vista a chiunque si avvicini abbastanza.-

    Deglutisco perché no, non ha trovato nulla di buono da dire ed io trattengo il fiato e gonfio il petto dandogli le spalle e colpendo più forte mio fratello che però spalanca gli occhi all’improvviso e mi guarda in cagnesco:

    -Ho sentito, ero sveglio e se devo essere del tutto onesto ne ho pieno il cazzo che mi vieni a cercare per questa faccenda, i tuoi amici bastardi decidono di andare a rischiare il culo nonostante il nostro fallimento? E per nostro intendo il fallimento di tre uomini armati e piuttosto allenati? Cazzi loro! Hanno dimostrato di non avere spirito di sorpavvivenza e sai cosa? Tu dovresti smetterla di fare il palla moscia e sentirti responsabile di qualsiasi merdata quella ragazzina faccia. Vogliono morire? Meglio così.-

    E resto bloccato perché non muove un muscolo, mi guarda disteso tra le lenzuola e poi si rigira a pancia sotto e a culo scoperto infilando le braccia sotto il cuscino dicendomi solo di spegnere la luce quando mi levo dai coglioni e magari di chiudere anche la porta.
    Cosa dovrei dire?
    Stecco ha deciso di lanciarmi uno sguardo dispiaciuto prima di ristendersi sotto le coperte dicendomi soltanto:

    -Scusami, ma io in quel posto non voglio davvero tornarci, fosse stato altrove sarei venuto.-

    Ma ha ragione e mi sento una merda ad averlo guardato con il palese desiderio negli occhi d’essere riaccompagnato.
    E’ il posto che l’ha quasi ucciso.
    Sospiro ed esco chiudendo la porta e avviandomi verso il cortile, andrò da solo perché è l’unica cosa che posso fare, non dico entrare nella struttura ma magari vedere che cazzo succede spiando con un binocolo dalla collinetta che abbiamo battuto pochi giorni fa.
    Sputo a terra mentre inizio ad aprire la claire per recuperare la moto, però mi blocco e punto gli occhi sulla vedetta, non è scoperta Jerome non è ovviamente lì, ma Ayyub è vigile che beve dal Thermos:

    -Ayyub, possibile tu non abbia visto nessuno uscire!-

    Urlo e lo vedo sobbalzare girandosi a lanciarmi un’occhiata, è così in alto che non riesco a capire la sua espressione, però ci mette un po’ prima di trovare la risposta da dirmi.
    Annaspa.

    -Io, ahm… sono salito un po’ in ritardo perché Binyamin ha vomitato, chi stai cercando?-

    Chiede e mi rendo conto da come parla che sa qualcosa, sta già cercando un’alibi mentre io non gli ho nemmeno detto il motivo della mia uscita fuori.
    Schiocco la lingua deciso ad ignorarlo, non ho intenzione di perdere altro tempo e quindi tirata fuori la moto mi avvio al cancello facendogli cenno di scendere a richiudere ma questo mi dice di aspettare e fa un cenno con il capo oltre la recinzione: fanali.
    Alti a sufficienza da fare in modo che non metta nemmeno la mano alla cintura, è il pick-up e lo riconoscerei tra mille.
    Riesco subito a contare ambedue le loro teste e sbircio sul retro, ma di Klavdy nemmeno l’ombra, però posso tirare un sospiro di sollievo mentre apro il cancello per farli entrare, è Jerome alla guida e li vedo ambedue sporchi dalla testa ai piedi di… di cosa?
    Sento il sangue ribollirmi, sembrano stare bene, ma mi domando cosa cazzo gli abbia detto il cervello e non do nemmeno tempo a Jerome d’aprire la portiera che la spalanco io e l’afferro per la maglietta restando disgustato per un secondo: è decisamente merda.
    Tengo comunque salda la presa e lo scuoto:

    -Si può sapere cosa cazzo hai combinato? Potevo capire lei che ormai abbiamo assodato essere una maledetta stupida, sì Millie dico a te… Tezca in un letto di ospedale, il Mall in difficoltà e tu vai a fare cosa? A metterti nei guai, ma tu Jerome sei un uomo adulto! Come cazzo ti è venuto in mente di metterla in pericolo? Pensate forse che siamo stupidi? Incapaci? Eravamo in tre ed armati fino ai denti stamattina e non ci siamo riusciti, cosa pensavate di fare voi? Non riuscite nemmeno a gestire le emozioni e volete tentate un salvataggio? Stupidi.-

    Alzo la voce mentre scuoto il soldato che però tiene la testa bassa, non mi degna di uno sguardo o di una risposta e si limita a lasciarsi sconquassare per poi domandarmi solo:

    -Hai finito?-

    Ed io sono con le spalle al muro, n-non è da lui.
    Realizzo dagli occhi gonfi che hanno che ho azzeccato quanto successo: sono andati da Klavdy e a quanto pare lo hanno pure trovato.
    Non sapevano delle sue condizioni, avevamo omesso i dettagli.
    Deglutisco e lo mollo per andare da Millie e puntarle un dito davanti al muso:

    -Sono orrendamente deluso, ti ho detto giusto ieri quanto fossimo diventati fieri di te e hai mandato tutto a puttane, non sei cambiata… per conto mio tu sei ufficialmente fuori dagli allenamenti del pomeriggio e no, non voglio sentire nessun ‘ma’, ho detto che sei fuori e basta, ora fila a farti una doccia ‘che fai schifo… fuori dalle palle, domani facciamo i conti.-

    Camminano portandosi dietro un passo lento, le mie parole non sono servite nemmeno a scalfirli, sono demoliti e messi peggio di prima.
    C’era un motivo se li volevo fuori da questa faccenda o perlomeno lontano da quel posto, lontano da lui.
    La razza umana è diventata spietata e Dio solo sa quanto deve far male vedere chi ami ridotto così, vedere un amico ridotto così.
    Tallulah, se ripenso a quando ho dovuto premere il grilletto sento il nodo in gola, ma la differenza è stata che io potevo dare colpe solo a me stesso per non essere stato abbastanza sveglio da proteggerti… ma Millie sta perdendo il suo primo ‘amore’ a causa della mano dell’uomo.
    Tremo, non aveva denti in bocca e i suoi polmoni facevano il rumore delle caldaie, come fossero pieni di qualche versamento d’acqua o sangue… puzzava terribilmente e aveva il naso rotto, chissà cos’altro.
    Salgo e torno in cucina, ormai sono sveglio e il cielo comincia a schiarirsi, tornare a dormire è inutile sopratutto perché a breve Anastasia si sveglierà quindi tanto vale resti in piedi.
    Mi maledico di aver lasciato il vassoio con il tè e i biscotti in camera di Millie, tutta questa rabbia mi ha messo un certo appetito.
    Sospiro accomodandomi al tavolo e tenendomi il viso con le mani, non so che soluzione prendere, dovrei dirlo agli altri?
    Parlarne a Tezca? Sicuramente sarebbe propedeutico per Millie prendersi una lavata di capo pure da suo padre, però… però non voglio Skullington s’agiti visto già come sta messo, il pensiero che quella mocciosa si sia ficcata in quell’inferno fa sentire a disagio anche me.
    Ha coraggio da vendere ed è una cosa ottima ma è impulsiva, dio mio quanto è impulsiva! Non impara.
    Mi accendo una sigaretta ma la porta che da sul corridoio si apre, Millie è in pigiama… è venuta a sentire il resto?
    Penso di sì, magari pensa di evitare di fare i conti domattina, ma io soffio del fumo e nemmeno la guardo mentre butto un po’ di cenere in un bicchierino.
    C’è un silenzio teso, nervoso perché penso d’essere già stato esaustivo prima accanto al pick-up, eppure vorrei sputare ancora qualche sentenza.

    -Sei stata la solita oca, te l’ho già detto. Se ti avessero colpito? Se ti avessero uccisa? Secondo te Tezca, Mike e tutti gli altri come ci sarebbero stati? Siamo tutti distrutti per quello che sta succedendo, ma queste prese di posizione randomiche non servono a nulla.-

    E sbuffo fumo, vorrei essere onesto al cento per cento con lei e parlarle delle pessime condizioni di Klavdy, dopotutto se la spedizione è andata a buon fine e hanno raggiunto la sua cella lo hanno visto, però vorrei capisse che salvarlo è diventata cosa praticamente impossibile.
    Morirebbe anche se tornasse al mall.
    La vedo sedersi al tavolo e le lascio spazio, ha delle briciole sulla maglia… ha mangiato i biscotti probabilmente, dopotutto li ho lasciati nella sua stanza e la cena l’ha saltata.

    -Siete riusciti a trovarlo, vero?-

    Trovo il coraggio di chiederglielo perché è assente, s’osserva i piedi con gli occhi lucidi e si accarezza le caviglie raggomitolandosi sulla sedia.
    Non mi guarda.
    E’ scossa e per quanto cerchi di trattenersi glielo leggo i quelle sue guance bianche e morbide da ragazzina, perché sì… è una fottuta ragazzina, Delroy, è normale regisca così, tu com’eri alla sua età?
    Non ubbidivi.
    Storia vera, ne combinavo io più di chiunque altro ragazzino e per questa ragione mi stavano alla larga… poi da quanto so anche lei vien fuori da un contesto famigliare di merda, ci somigliamo e i ragazzini allo sbando crescono diversamente.
    Non essere duro con lei, mi dico così.
    Decide che è venuto il momento di rispondermi ed io allora mi dondolo distratto sulla sedia poggiando al tavolo i piedi.

    CITAZIONE
    Delroy avevo bisogno di vederlo con i miei occhi! Mi hai detto che era provato stamattina, la verità è che è distrutto! Abbiamo fatto casino, abbiamo fatto un sacco di rumore e lui non ha mosso un muscolo eppure respirava, ti assicuro che respirava, la vedevo la cassa toracica muoversi ma non ha sentito niente, c'è una marmaglia di gente nelle loro celle ma Klavdy è da solo, il ragazzo che abbiamo ucciso ha parlto di isolamento: lo tengono da solo, al freddo ed è tanto magro, tanto solo..
    Mi srotola davanti senza rendersene conto una storia totalmente diversa da quella che avevo immaginato, quindi sono stati beccati?! Li hanno visti fuggire a quanto dice hanno ucciso un ragazzo.

    -Cosa? Come? Avete ucciso un uomo? Cosa cazzo avete combinato?-

    Ma svia, svia e comincia a piangere e stavolta per davvero perché singhiozza e la vedo con le mani piccole mentre cerca di pulirsi il viso… è la prima volta che mi sembra una bambina, somiglia quasi a mia figlia se m’impegno perché cerca qualcosa che non trova, forse conforto, forse solo un appiglio per non scivolare.
    Credo che Millie vorrebbe svegliarsi e magari tornare nel letto della sua comunità.
    Mi descrive Klavdy con una tenerezza nella voce che mi fa vacillare, me lo racconta in isolamento, me lo racconta solo, malato, al freddo e che respira rumorosamente… proprio come l’abbiamo visto noi oggi e mi ritrovo ad annuire:

    -Lo so, so come sta…-

    E sto cercando qualcosa d’altro da dire ma lei prosegue con un tono che diventa quasi uno squittio mentre il suo pugno si stringe sul tavolo ed io mi tiro su iniziando a camminarle attorono.
    Non la riconosco così… inerme.

    CITAZIONE
    Ho avuto pensieri terribili là dentro, ho pensato cose che prima avrei considerato delle cazzate, io alla morte misericordiosa non ci ho mai creduto Delroy ma ti giuro che il pensiero mi ha sfiorato e ringrazio solo di essere stata abbastanza lontana da lui in quel momento perchè un proiettile per lui e uno per me nemmeno Jerome me li avrebbe tolti

    Un colpo in testa.
    Ha notato la sua difficoltà, la situazione critica in cui l’hanno infilato ed io mi ritrovo a fermare i miei passi a chiudere le braccia incrociandole al petto, lo sta lasciando andare e lo capisco dalla fatica con cui sputa tutto quello che ha da dire, dal modo in cui gratta il tavolo con le unghie.
    Si sente in colpa, ma è troppo sveglia per crederci ancora ed io… io non so che cosa dire.
    Vorrebbe uccidersi, parla anche di se stessa e sono sul punto di darle una sberla, d’alzare la voce, di dirle di uscire dal suo libro d’amore e di storia ma poi, poi ti ho pensata Tallulah e ho pensato anche a quanto tempo sono rimasto seduto vicino al tuo cadavere a rigirarmi il fucile tra le mani a domandarmi se davvero io fossi all’altezza di seguire nostra figlia o anche solo di riuscire a vivere senza di te.
    Millie punta gli occhi rossi e bagnati nei miei.
    Sa di non essere in un romanzo rosa, sa di essere in qualcosa di molto più cattivo e spregevole.
    Guardo fuori dalla finestra e ascolto quanto ha da dire riguardo alla vendetta, cerca di tappare il silenzio perché probabilmente le parole che m’ha detto le pesano e il fatto che io non parli la fa sentire a disagio.
    Volere vendetta è plausibile, ma come possiamo? A quale prezzo poi?
    Mi appoggio allo stipite del corridoio con la schiena e la osservo:

    -Millie, mia moglie muore al nono mese di gravidanza circa un anno fa… stavamo rintanati in una casa in attesa che partorisse quando siamo stati attaccati dagli infetti, la dovevo proteggere e quindi la chiusi in un armadio mentre ripulivo il salone, indovina un po’? Buttarono giù proprio quell’armadio, l’hanno morsa sulle dita…-

    Non so perché io glielo stia raccontando ma porto le mani dietro la testa osservandomi le scarpe e proseguendo:

    -L’ho fatta partorire a forza per avere qualcosa per cui sopravvivere, le avevo promesso che mi sarei dato un colpo in testa dopo la sua morte, senza di lei mi sentivo inutile, fortuna vuole che ho avuto accanto la mia bambina ma… ma ci sono voluti mesi per abituarmi alla sua assenza, lei era ovunque ed io le parlo ancora nella mia testa ogni notte, non sono sempre stato così. Pensi che non la volessi vendetta? Eccome se la volevo, il mio desiderio era uccidere più infetti possibile e allora maciullavo qualsiasi bestia mi si trovasse davanti senza nemmeno pensare a quanto la cosa mi logorasse fisicamente fino a quando un giorno mentre mi davo da fare uno di loro non afferra il drappo che avevo sulla schiena e la mia bambina, Nana, cade a terra e batte il muso… aveva tre mesi.-

    Stringo il pugno, è una scena che cerco spesso di lavarmi via dalla mente, ma resta indelebile ed impressa fuoco:

    -Non puoi capire quanto di disgusti vedere sangue su un bambino così piccolo, è una cosa che il nostro cervello categorizza come innaturale, i bambini dovrebbero essere al sicuro, non sanguinare, quindi provi repulsione. Ho pensato non l’avrei mai più rivista, ho pensato sarebbe morta e per cosa? Per sentirmi l’anima apposto? Millie non ti sentirai mai meglio, nemmeno dovessi ucciderli uno per uno… siamo deboli, siamo pochi e la maggior parte di noi è fuori allenamento, vendetta vorrebbe dire perdere qualcuno dei nostri… non è una decisione che spetta a te ma a tutti.-

    Spegno la sigaretta ne bicchiere al centro del tavolo e gliene lascio una sul tavolo con un accendino accanto prima di toccarle una spalla:

    -Ci sarà chi accetterà e chi rifiuterà, ma ricorda cosa ti ho detto: non sempre la vendetta è la via migliore, mette in pericolo chi non centra. Adesso cerca di dormire… dico ad Anastasia di svegliarti prima di pranzo, ne parlerò a Tezca questo è poco ma sicuro, lo farò domattina con calma e poi vedremo come agire, magari prossimamente, riflettendo sul da farsi e su come muoverci potremmo pensare di…-

    Ma non ne sono sicuro nemmeno io e mi rimbalzano in mente le parole di Hank, una parte di me non vuole risucceda quanto è capitato a Nana, mentre l’altra ha una voglia matta:

    -Ho anche io il desiderio di trucidarli ma… ma sono confuso, penso a mia figlia, voglio davvero farla restare orfana? Penso a Mike, se dovesse morire Tezca, ad Anastasia se qualcuno di noi si ferisse, a Jerome se morissi tu… ci sono molte cose in ballo Millie.-

    E mi vergogno quasi di non essere riuscito ad essere l’adulto con le idee chiare, quello che ti fa sentire meglio.
    No, non lo sono.
    Invidio Hank ed il suo gelo dentro, invidio i suoi ‘no’ categorici.
    Le stringo il braccio prima di darle le spalle per uscire a cacciare un po’:

    -Buonanotte Millie.-

    Immagine-14-08-20-alle-00-06



    Mastino ↺ 38 anni ↺ Eterosessuale ↺ Non esiste domani ↺ SCHEDA

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    Edited by Kiruri - 6/8/2021, 22:46
     
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    Delroy ci ha gridato sul muso non appena siamo scesi dal pick-up, ha afferrato Jerome e ha detto che siamo stati stupidi, che se non ce l'hanno fatta loro in tre armati contro due uomini non potevamo ovviamente noi due da soli contro l'intera prigione e che Jerome avrebbe dovuto fermarmi essendo l'uomo adulto tra noi due, continua però dicendo che non sappiamo nemmeno gestire le nostre emozioni quindi quello che abbiamo fatto è stato solo inutile e pericoloso.
    Tengo il capo basso io ma Jerome è demolito, non reagisce, gli chiede solo se ha finito e Delroy lo molla, passa a me
    CITAZIONE
    Sono orrendamente deluso, ti ho detto giusto ieri quanto fossimo diventati fieri di te e hai mandato tutto a puttane, non sei cambiata… per conto mio tu sei ufficialmente fuori dagli allenamenti del pomeriggio e no, non voglio sentire nessun ‘ma’, ho detto che sei fuori e basta, ora fila a farti una doccia ‘che fai schifo… fuori dalle palle, domani facciamo i conti

    So di averlo deluso, ho deluso lui e Tezca ma ho un limite anche io, è andato in frantumi e ho tentato il tutto per tutto, la disperazione e l'amore ti portano a fare cose folli però il mio colpo di testa non è stato così campato per aria, per quanto male è stto ragionato: ho pensato che non si sarebbero aspettati un attacco proprio oggi, siamo passati dall'unico buco schifoso non controllato e abbiamo portato armi e attrezzi che sarebbero potuti esserci utili, gli abbiamo portato persino i medicinali... abbiamo rgionato, siamo stati avventati e stupidi forse ma ci abbiamo pensato e sperato davvero.
    Ha detto che mi bandisce dagli allenamenti del pomeriggio, lo guardo alzando appena gli occhi ma quando mi dice di non ribattere abbasso di nuovo lo sguardo, mi sarebbe piaciuto migliorare le mie tecniche e la mia forma fisica, mi sarebbe piaciuto diventare più forte e più veloce per salvare Klavdy ma ora come ora non mi viene da disperarmi così tanto, forse perchè non credo di poterlo salvare, vederlo con i miei occhi mi ha sbattuto sul muso la realtà dei fatti eppure sento di aver fatto bene, dovevo provarci almeno una volta o non me lo sarei mai perdonato eppure neanche ora, neanche così rassegnata il mio cuore si mette in pace, batte dolorosamente e sento come una voragine dentro, una sorta di freddo che mi fa tremare eppure non è per la temperatura, sono certa ma una doccia mi farà bene ed è con il corpo che trema che cammino verso i corrodoi del Mall.
    L'acqua calda e il sapone sono un toccasana per questo dolore, sento che lo alleviano un po', solo un pochino ma finchè il getto d'acqua mi batte sulle spalle, sul petto e sulla testa mi sento meno male, mi sento avvolgere dal calore e il freddo resta lontano nonostante mi senta ancora svuotata ma l'acqua mi illude di riuscire a non pensarci per una decina di minuti; mi insapono e mi sciacquo i capelli poi passo al corpo e guardo il pezzo di sapone con la trama a forma di alveare: e un parte della saponetta che mi ha regalato lui, ci passo sopra le dita a ripercorrere la forma delle cellette, è il suo sapone, diceva che mi fa profumare di pancake al miele e gli piaceva tanto, è buffo perchè a lui lasciava un profumo diverso invece, più lieve e fruttato questo perchè, diceva Klavdy, la fragranza è Miele e limone, sulla mia pelle resta di più il miele e sulla sua il limone, dipende dal ph secondo lui, io non lo so ma mi piaceva il suo profumo di limone e pino silvestre, mi faceva sentire al sicuro.
    Quando torno in camera noto il vassoio sulla scrivania: c'è del tea e due biscotti di quelli che fa Anastsia con le nocciole e le noci, in effetti abbiamo mangiato poco o niente a cena io e Jerome e il languorino si fa sentire così butto giù i due biscotti e anche il tea nonostante sia ormai ghiacciato, mi infilo un pigiama composto da pantaloni lunghi leggeri e una t-shirt rosa a mezze maniche con disegnato sopra un orsacchiotto che abbraccia una stella, niente di speciale ma è carino, mi piaceva.
    Seduta sul letto penso proprio che dovrei riportare il vassoio in cucina e forse parlare con Delroy se è ancora nei paraggi, sì, sarebbe meglio perchè anche io ho delle cose da dirgli, vorrei capisse che non l'abbiamo fatto pensando sarebbe stata una scampagnata o senza sapere il rischio che correvamo, lo sapevamo benissimo e Jerome ha anche provato a fermarmi, sono stata io ad insistere, ecco perchè se davvero crede io meriti di essere bandita dgli allenamenti non ribatterò, so di aver sbagliato, di aver messo tutti nei guai e di aver rischiato grosso.
    Scendo in cucina e lo trovo seduto al tavolo che fuma, poso il vassoio nel lavello e mi avvicino al tavolo, resto in piedi e lo sento il suo sguardo su di me per un breve istante poi mi ignora ma soffia una nuvola di fumo e parla
    CITAZIONE
    Sei stata la solita oca, te l’ho già detto. Se ti avessero colpito? Se ti avessero uccisa? Secondo te Tezca, Mike e tutti gli altri come ci sarebbero stati? Siamo tutti distrutti per quello che sta succedendo, ma queste prese di posizione randomiche non servono a nulla.

    Dice e lo so, ci ho pensato agli altri, , i ragazzini si abituano in fretta all'asenza di una persona peciò non ho pensato a Mike ma ho pensato a quanto sarebbe stato in pensiero Tezca, a quanto avrebbe sofferto se mi fosse successo qualcosa ma non potevo restarmene qui seduta a dannarmi l'anima senza fare niente di concreto, ci ho provato!
    Sono stata buona aspettando che le costole guarissero, non ho insistito per andare allo scambio perchè ero certa che avrei potuto fare un casino e ho preparato il letto per Klavdy he però non sono riusciti a salvare e che altro avrei dovuto fare?
    Piangere sulla tomba di un braccio con Klavdy ancora vivo, agonizzante e t-tenuto in quelle condizioni?
    Darlo già per morto senza nemmeno provarci una volta?
    Mi raggomitolo su una sedia e mi ccarezzo distrattamente le caviglie e i piedi nudi mentre cerco di trattenermi mordendomi l'interno delle guance e sento il respiro rumoso del mio russo così indifeso e debole là, non ho nemmeno potuto sentire la sua voce,
    Chiede se siamo riusciti a trovarlo e annuisco, devo parlare, devo dirgli tutto ciò che ho in testa o non sarà servito a niente venire qui.
    Così gli racconto quello che è successo, che avevo bisogno di vederlo e che lo abbiamo trovato vivo ma così debilitato da non muovere un muscolo nonostante il rumore che abbiamo fatto, non un fiato se non il rumore della sua respirazione difficoltosa e che era magro e solo, tenuto in isolamento come ci ha detto il ragazzo che abbiamo fatto fuori
    CITAZIONE
    Cosa? Come? Avete ucciso un uomo? Cosa cazzo avete combinato?

    Chiede Delroy, non ha alzato la voce ma io mi ritrovo a piangere, a non riuscire più a trattenere le lacrime al pensiero del mio ragazzo in quelle condizioni e mi sciugo il viso cercando di smetterla ma i miei occhi continuano a lacrimare e farmi scuotere il petto
    -Ha c-chiamato le guardie, siamo dovuti scappare e-e lui gridava il nome di quelli, ha chiamato Dean, uno di quelli che quella sera c'era e così J-cioè noi gli abbiamo sparato
    gli racconto alla veloce stando attenta a non dire che è stato Jerome a sparare perchè la cazzata l'abbiamo fatta in due ma l'idea è partita da me e non voglio accollargli altre colpe
    Chiudo il pugno sul tavolo per darmi un contegno, per smetterla di piangere e gli racconto di come la pistola avesse assunto un aspetto piuttosto attraente là dentro ed è una cosa che ho sempre rifiutato, quando la società era ancora in piedi ero una di quelle persone che pensavano che solo i codardi si suicidassero, quelle persone troppo sensibili e troppo deboli per affrontare la vita a muso duro e invece stasera... stasera ho pensato che premere quel grilletto sulla persona che amo sarebbe stato fargli una gentilezza e poi avrei riservato un colpo a me perchè sarebbe stata la cosa giusta.
    Continuo il mio discorso perchè il silenzio non mi piace, è assordante e lo guardo, punto gli occhi nei suoi mentre se ne sta in piedi a braccia incrociate e gli parlo del fatto che sono consapevole di aver fatto un gran casino, che temo delle conseguenze ma che voglio vendetta, ne ho bisogno perciò o stiamo zitti ad allenarci e attendiamo una loro mossa o ci azzardiamo ad entrare come abbiamo fatto noi stanotte, ci mettono un po' ad agire e potremmo riuscire a far qualcosa, potremmo riuscire a far fuori le vedette e quel punto avremmo tutto il vantggio che ci serve ma lui sospira
    CITAZIONE
    Millie, mia moglie muore al nono mese di gravidanza circa un anno fa… stavamo rintanati in una casa in attesa che partorisse quando siamo stati attaccati dagli infetti, la dovevo proteggere e quindi la chiusi in un armadio mentre ripulivo il salone, indovina un po’? Buttarono giù proprio quell’armadio, l’hanno morsa sulle dita…

    Perchè mi racconta questa storia? Come ci riesce a farlo così? Sembra gli riesca facile, il suo tono tradisce la tristezza ma non incespica sulle parole e non si fissa su un punto come fa Tezca, ammiro la sua forza e lo guardo mentre lo ascolto: su moglie è stata morsicata sulle dita proprio come è successo alla moglie di Tezca anche se Clara stava lavorando quando è successo, mi chiedo se Delroy lo sappia ma ora il punto non è questo, perchè mi sta affidando un ricordo così personale?
    CITAZIONE
    L’ho fatta partorire a forza per avere qualcosa per cui sopravvivere, le avevo promesso che mi sarei dato un colpo in testa dopo la sua morte, senza di lei mi sentivo inutile, fortuna vuole che ho avuto accanto la mia bambina ma… ma ci sono voluti mesi per abituarmi alla sua assenza, lei era ovunque ed io le parlo ancora nella mia testa ogni notte, non sono sempre stato così. Pensi che non la volessi vendetta? Eccome se la volevo, il mio desiderio era uccidere più infetti possibile e allora maciullavo qualsiasi bestia mi si trovasse davanti senza nemmeno pensare a quanto la cosa mi logorasse fisicamente fino a quando un giorno mentre mi davo da fare uno di loro non afferra il drappo che avevo sulla schiena e la mia bambina, Nana, cade a terra e batte il muso… aveva tre mesi.

    Oh ecco il motivo: lui si è sentito come me... ha dovuto ucciderla, voleva seguirla e non è riuscito ad abitursi subito alla sua assenza, ancora le parla anzi e abbasso lo sguardo appena.
    Parla anche lui di vendetta, del fatto che volesse ammazzare quanti più ombie possibili ed ecco qua un altra similitudine con il mio genitore, forse ora lo capisco come mai se la intendono così bene: sono fatti della stessa pasta loro due, hanno vissuto storie simili e dunque è normle che si comprendano a vicenda ma lui ora sta raccontando per me, dice che mentre combatteva uno zombie ha afferrato il drappo con cui tiene Nana legata alla schiena e lei ha battuto la faccia ed era minuscola, aveva tre mesi... ed è sopravvissuta grazie a lui.
    CITAZIONE
    Non puoi capire quanto di disgusti vedere sangue su un bambino così piccolo, è una cosa che il nostro cervello categorizza come innaturale, i bambini dovrebbero essere al sicuro, non sanguinare, quindi provi repulsione. Ho pensato non l’avrei mai più rivista, ho pensato sarebbe morta e per cosa? Per sentirmi l’anima apposto? Millie non ti sentirai mai meglio, nemmeno dovessi ucciderli uno per uno… siamo deboli, siamo pochi e la maggior parte di noi è fuori allenamento, vendetta vorrebbe dire perdere qualcuno dei nostri… non è una decisione che spetta a te ma a tutti

    Non mi sentirò mai meglio... forse ha ragione.
    Nemmeno se li trucidassi uno per uno.
    Vendetta vorrebbe dire vedere altri miei amici uccisi e non è quello che voglio, non è una scelta che posso fare io e non dovrebbe farlo nessuno, è una guerra mia e solo mia ma da sola non posso fare proprio niente.
    Spegne la sigaretta Delroy e me ne posa una accanto con l'accenino
    -Grazie
    Biascico e me la accendo per restituirgli lo zippo e aspiro sentendomi forse meglio mentre soffio quel fumo, riesco a fare respiri più ampi e mi porta a riflettere senza andare in paranoia
    CITAZIONE
    Ci sarà chi accetterà e chi rifiuterà, ma ricorda cosa ti ho detto: non sempre la vendetta è la via migliore, mette in pericolo chi non centra. Adesso cerca di dormire… dico ad Anastasia di svegliarti prima di pranzo, ne parlerò a Tezca questo è poco ma sicuro, lo farò domattina con calma e poi vedremo come agire, magari prossimamente, riflettendo sul da farsi e su come muoverci potremmo pensare di…

    Lo guardo: Tezca quindi lo saprà eh? Ma certo non possiamo mia tenerglielo nascosto, mi metterà in castigo come minimo, non è uno che alza le mani, non ci ha mai colpito ma quando è arrabbiato tira delle occhiate che ti fanno fuori... non la voglio la sua sgridata, mi h già strigliato Delroy ma forse me le merito tutte queste ramanzine, però lo so che faccio cazzate, lo so anche io di aver sbagliato ma era un dovere che avevo verso Klavdy e verso me stessa.
    Dice che non sempre la vendetta è la via migliore e annuisco, è difficile da accettare però ma lui dice che vedremo come agire, che rifletteremo su come muoverci ma non finisce la frase, resta in sospeso e poi mi rivela che anche lui ha il desiderio di farli fuori ma ha paura di lasciare Nana orfana e abbasso il capo, è un rischio reale considerata la situazione, come dargli torto? Pensa anche a Mike se Tezca dovesse lasciarci le penne e io penso che piangerebbe, Mike piangerebbe per Tezca e non so come riuscirebbe a sopravvivere ma ce la farebbe, è un bambino forte e poi pensa ad Anastasia che sa in pensiero per tutti e dice che Jerome sarebbe a pezzi se dovessi restarci secca anche io, mi ricorda che ci sono tante cose in ballo e sospiro
    -Hai ragione, forse la vendetta non è davvero la via migliore Delroy, forse dovrei solo stringere i denti e accettare le cose,fa solo troppo male ancora per riuscirci... finisco questa e vado a dormire. Buonanotte
    gli dico toccandogli la mano quando mi stringe il braccio e lo lascio uscire mentre vedo il sole iniziare a far capolino dall'orizzonte ed è gia troppo alto per i miei gusti.
    Finisco la sigaretta cercando di non mettermi fretta ma ho bisogno di dormire, ho bisogno di provarci e sperare davvero di non fare incubi, non stavolta ti prego, ho bisogno di riposare.


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    Klavdy Kozlov


    Racconta, forza… che cosa è successo?
    Dici quando?
    Come quando? In questi giorni.
    Oggi? Ho contato le gocce di pioggia che aggrappate alle grondaie di questo postaccio si buttano per terra a tempesta finita.
    L’ho fatto per ore.
    L’ho fatto fin dove mi accorgevo di non conoscere più numeri per proseguire.
    L’ho fatto perché mi serviva, mi serve ed ora mi guardo queste gambe stanche che son scheletri e non ci somigliano nemmeno più a quelle di un muratore, di un figlio, di un uomo… sono qualcosa di trasfigurato, ridisegnato da capo.
    Tutt’intero, questa storia m’ha sbranato tutt’intero e non ha avuto nemmeno il cuore di sputare fuori i miei capelli, le mie unghie, i miei resti.
    Sono seduto contro questo muro da minuti, forse ore o magari giorni, n-non lo so nemmeno dire però riesco a sentire la pancia spaccata e la gola secca perché te lo giuro… ho vomitato fino a che non c’ho visto rosso, anzi io sono andato oltre fino a quando i grumi di sangue non m’hanno spaventato e allora ho pensato che forse la bile mi aveva corroso le budella.
    Meglio dentro, fa male… ma meglio dentro.
    Ti avrei voluta, sai, come un capitolo nuovo della mia vita, come l’unica cosa bella da ricordare un domani fuori da qui che t’avrei portata va con me e ai ragazzi avrei raccontato che:

    -E’ stato difficile, ma mi viene quasi impossibile tipo… pensare che se non fosse successo io non l’avrei incontrata.-

    Persona speciale, un po’ mia mamma mi hai ricordato in tutto questo tempo, anzi la sorella che non ho mai avuto o quel fratello morto sotto un’auto che mi sarebbe tanto piaciuto conoscere.
    Gli occhi nocciola, che ti dicevo?
    Te lo ricordi?
    Come la cioccolata, come la cioccolata da godersi su una fetta di pane croccante e mi ci ero pure convinto in tutto questo tempo che tu avessi un odore dolce, lo stesso che hanno le persone buone quelle di cui non vorresti mai lasciare le mani e dormirci sul petto per sempre.
    Eri questo per me e forse è stata la tua sfortuna più grande, sai? Davvero, lo penso sopratutto ora che sono solo, guardo il muro ed immagino la faccia distorta che ho visto in quello specchietto del pick up, fingo di guardarmi e mi dico:

    -Se solo tu, proprio tu, non fossi stato così scemo da dimostrare che le volevi bene forse l’avrebbero lasciata andare ed ora, tipo, ora cazzo… t-tu maledetto, lei… miseria, lei non centrava nulla in tutto questo! Nulla!-

    E strattono le sbarre, cioè non adesso, le ho strattonate ieri e prima e magari anche poi ma ora come ora sto battendo la fronte su questi massi proprio in mezzo al vomito e non ci voglio pensare che tra i chicchi di riso tu…
    Io.
    Non ti può sentire anche se stai parlando ad alta voce da giorni interi.
    Come non mi può sentire?
    Lo sai ormai.
    Mi cola il naso e non riconosco più che cosa sia, muco o sangue o magari un po’ di pianto che non si ferma più e sembra una ferita infetta, come quando nei film la gente si recide l’arteria, però non muore.
    Fossi qui, intendo fossi proprio qui forse potrei raccontarti di come ci si sente a stringere questo sacchetto rosso che ho tra le mani, nel senso che te lo racconterei un’altra volta perché non t’ho parlato d’altro giorni fa e, anzi, tu per prima l’hai trovato.
    Ora sono intorpidito però, perché so che Jerome è stato qui e ci metto la mano sul fuoco che sia stato proprio il suo muso da sberle perché queste pasticche o meglio la stoffa che le imbraga sanno di quel profumo, quello che mi piacevo tanto e solo lui sa dove lo tenevo.

    -Sotto il letto mio, no? Che c’è tipo una scatola che è aranciata, no? Capito sì? Ecco te la apri e sotto il vecchio album di ricette di mamma ci trovi pure quello, tipo che ha la confezione a forma di pino, ma non me lo toccare, okay? Tipo che me lo devi solo portare qui così non esco dalla doccia e basta.-

    Lo dimenticavo sempre e sono pure sicuro che qualche spruzzatina me l’abbia rubata quel cretino, quel cretino che non sono riuscito a vedere.
    Mi piacerebbe potermi appoggiare alla mia branda ed immaginare Jerome nei vestiti che s’é scelto per provarci a venire a riprendermi, m-mi piacerebbe pensare al mall e a te che ti mordi le unghie perché quel posto lo volevi propio vedere.

    -Madonna, ma proprio quella sera doveva aver voglia del mio culo? Se solo avessi insistito forse…-

    -Ti avrebbero colpita, Ariete, quando vogliono qualcosa l-loro sai che lo vogliono e basta.-

    -Fossi stata qui magari sarei riuscita ad indirizzarlo a dirgli dove poteva trovare qualcosa per portarci via di qui.-

    Ed avevo scosso la testa schioccando la lingua riuscendo per la prima volta a sentire dalle orecchie senza quel fastidioso ronzio da trauma cranico, da timpano esploso o da che cazzo io ne so.
    Analgesici, signori analgesici ed antidolorifici che m’avevi fatto buttar giù con la tua acqua senza mai spostarti dal posto tuo quello personale che ogni giorno ti prendevi e non ne saltavi uno.
    Proprio laggiù in fondo che ora non ci sei ed osservo le ciotole che non vengono a riprendersi da giorni, le ho coperte con le mie lenzuola ed ho dormito nudo.
    Non potevo seppellirti.
    Avevi gli occhi che brillavano e secondo me un po’ ci hai creduto pure tu anche se scuotevi la testa quando t’hanno preso per le braccia.
    Muso di merda.
    Forse Deacon o il terzo di cui non ricordo più nemmeno il nome:

    -Allora mi prendo lei, tanto a questo russo faccia di merda mica ci serve più la badante, il suo gruppo ha scelto, hanno ucciso uno dei nostri e lui non vale più un cazzo.-

    C’aveva ancora le mani sporche del mio sangue ‘che m’aveva pestato come si fa con un tappeto sporco ribaltandomi anche le interiora a suon di pugni tanto che il capo massimo… Dean o Decon n-non lo so ma aveva dovuto fermarlo e bloccargli i polsi per ricordargli che forse:

    -Forse gli stronzi ci ripensano, quindi facci quello che vuoi ma lo dobbiamo tenere vivo ancora per un po’.-

    Tanto violentata t’avevano già violentata, dicevi.
    Picchiata? Picchiata pure e così tanto da farti cadere i due denti davanti.

    -Peggio di così…-

    Peggio di così e c’avevo creduto anche io allungandomi sul mio sangue fino a toccarti un piede nudo e nero, sporco per dirti solo che, puttana miseria, era meglio così!
    Ariete, era meglio così! Perché i lavori forzati sono meglio di restare qui rilegati ad aspettare di morire e a me del mall me ne fregava una sega visto che tu adesso eri in salvo mentre la mia ferita qui puzza e talvolta mi mordono le mosche e si son fatti i vermi.
    Ma meglio per te perché morire mi sta bene arrivato a questo punto e tu lo sai, lo sapevi ed è per questo motivo che ti sedevi sempre al posto tuo e me ne accorgo ora che ci striscio contro alla ricerca di un po’ del tuo odore.
    Sporge un chiodo lì all’altezza di dove un tempo tenevi la schiena.
    Me l’avevi fatto promettere che non c’averi provato mai ad andarmene via, eppure non ti fidavi ed avevi paura che io…
    Non ti avrei mai lasciato sola.
    Solo sono rimasto io per giorni interi a leccarmi le ferite e ad osservare il silenzio sotto la porta della nostra cella perché in ogni caso eri più al sicuro di me ed ho pure sorriso anche se mi mancavi, anche se non m’hanno fatto mangiare per così tanto tempo che ho smesso di contare le notti per iniziare a contarmi le costole.
    Silenzio.
    Silenzio.
    Ancora silenzio e con il senno di poi, io ti dico, avrei preferito durasse fino a spingermi ad azzannarmi da solo o magari ad accasciarmi su me stesso come muoiono i topi dimenticati nelle gabbie, no?
    Secchi e soli.
    Invece hanno portato dello stufato dopo aver aperto il chiavistello con le mani grandi ed io ho alzato gli occhi come fanno i cani che hanno fame ma che le prendono se fanno gli ingordi e allora attendono con calma.

    -Perché lo stufato?-

    Avevo ancora paura e non lo sapevo, per questo motivo l’ho chiesto a quello con la faccia più di merda, lo stesso che mi aveva colpito sul muso tornati dalla spedizione dove il moro che si portava a letto c’aveva rimesso le penne.
    Avevo pensato, una volta tornato intendo, che pure la mia Millie era mora e pure lei me l’avevano ammazzata e che forse il karma allora sapeva un po’ quello che stava facendo.

    -Ti caghi ancora addosso al pensiero d’essere appeso? A che pro? E’ più bello vederti morire mangiato dai becchi che ti si son fatti al moncherino.-

    Ed aveva la voce che sembrava essersi lavata via l’interesse per me anche se la mano gli tremava forte e dico forte attorno al vassoio che m’aveva sbattuto davanti.

    -E Di solito capo mi dai pane e acqua, allora perché lo stufato?-

    E basta, decise di restare zitto perché lo sapeva pure lui che io… che io avrei mangiato ed infatti attentai il primo pezzo infilando le mani nell’unto bollente e portandomele alla bocca.
    Il cibo in gola e poi nello stomaco fece così male che mi sembrò di morire, che mi venne quasi da piangere perché mi domandavo c-come avevano potuto rendere ogni cosa naturale un così grande, enorme tormento.
    I-io non pisciavo da giorni.
    Non lo ricordo il sapore, non lo ricordo perché nemmeno mi ci concentrai ed era tutto nella testa, no?
    Mangia e sopravvivi diceva la voce.
    Ecco, è naturale, ti dicevo io.
    Ma poi succede che comincia a ridere ed io ricordo solo l’olio bollente colarmi lungo i pettorali scarni ed i gomiti, mi dispiacque, tanto che con le mani andai a recuperare la goccia che scendeva e la leccai.
    Mi sono chiesto: chissà quando cazzo rimangerò.
    Rideva fortissimo, così forte che me lo sentivo di dovermi chiudere nelle mie ginocchia come un riccio, un paguro, un topo, un bambino.
    Caccio via ora questa ciotola, qualcosa non va.
    Caccio via ora questo piatto, ma invece un altro boccone.
    Non glielo devi chiedere che cosa c’è da ridere Klavdy, sicuro ti scotti.
    E questo me lo dicevo io, la voce invece mi pizzicava la schiena, il cervello e anche la gola e mi diceva che una domanda, una risposta non avrebbero comunque cambiato la mia situazione.
    Fosse stata carne buona avrei ringraziato per sperare d’averne ancora.
    Fosse stata carne cattiva avrei ringraziato per sperare di non averne mai più, che fosse l’ultima d’una vita intera perché Ariete e quel chiodo con la mia fifa, con il mio essere codardo non c’avevano fatto i conti.

    -Non me lo chiedi come sta la tua amica?-

    Come sta la mia amica? Mia sorella, la compagna di quella che mi è sembrata una vita intera.

    -Capo, tu la chiami solo tipo.. amica?-

    E rise più forte di prima, così tanto che la schiena mi si fece un brivido ed allora provai a posare le scodelle vuote contro i suoi stivali grandi, goffo, così goffo con quella mano sola che una delle due mi scivolò e si spaccò.

    -Lo vuoi sapere?-

    La fifa dicono sia blu, ma io vedevo bianco e mi concentrai nel tremore dei miei piedi rimessomi nel mio angolo.
    Se te lo domanda è perché l’hanno ammazzata.
    Se me lo domanda è perché magari lei sta okay ed io son qui e tipo… magari pensano possa farmi soffrire saperla libera mentre io marcisco.
    Non li conosci ancora, gli stessi che ti hanno sfigurato, che hanno ucciso la tua ragazza.
    Parlavi lucida, voce, quel giorno.
    Anche ora parlo lucida o non ricorderesti, resteresti buttato a vedere quanto a lungo lo puoi trattenere il fiato perché impalarti è difficile ed il dolore ti ha sempre fatto paura.
    E’ vero.
    Ma Ariete come stava?

    -Non lo voglio sapere, capo, è libera, lei qui è libera.-

    Ingenuo come un merdoso ragazzino, russo.
    Vero, mi ero toccato la testa e gli avevo sorriso pensando che magari almeno nel sogno un po’ da solo, un po’ in pace mi c’avrebbe lasciato ed invece no.
    Avevo ipotizzato un mare di torture, un mare di cattiverie e di morti cruente eppure si piegò proprio di fronte a me e non trovai il coraggio di staccare gli occhi dalle unghie dei miei piedi.

    -Ha scelto lei che tu avessi la coscia perché contiene proteine assieme al fegato, ha pianto quando ha capito che sarebbe morta, che l’avremmo mangiata, piangeva per te, mica per lei. Coscia e fegato, ma ti abbiamo lasciato l’utero e la cartilagine del suo faccino.-

    Cartilagine: parte grassa che protegge articolazioni.
    Utero…
    Ma quindi Ariete come stava?
    Stava che era morta.
    E l’hai realizzato subito?
    No, ho solo detto di sì senza gridare, urlare, dire e nemmeno fare, mi sono solo rimesso a letto.
    Ho sentito al voce di Dean nella mia testa per tutta la notte.
    Cartilagine, utero, cosce e fegato…
    Ha pianto per me.
    Questo perché, Klavdy non sei riuscito ad aspettartelo nemmeno stavolta un colpo basso ed è così da una vita intera.
    Una vita intera, sì.
    Che hai fatto quella notte?
    Quando ho capito che me l’avevano fatta mangiare ho provato a vomitare, ma avevo già digerito e allora ho buttato fuori acqua, sangue e bile così scura che non sono riuscito a capire da dove fosse uscita.
    Mi aspettavo avessi più cose da dire.
    No, non ho altro da dire.
    Sono un cane e i cani non pensano, sto cercando la luna fuori di qui ed ho freddo, ma le lenzuola stanno bene là che coprono quello che resta di te attaccato alla ciotola, non ti ci ronzano mosche e cimici attorno.
    Vengono da me.
    Da me, che non sono un cane, e allora nel nome del padre del figlio e dello spiritosanto, Amen:
    Dio, so che le cose non stanno andando come vorresti e sono sicuro che hai piani migliori per me, sono sicuro che tutto questo a qualcosa deve pur servire, ma se mi permetti ti vorrei domandare di darmi un po’ di forza in più perché lei mi manca ed il pensiero d’averlo fatto mi collassa e dico… m-mi collassa eppure piango ma non mi fa male come vorrei.
    Dio ho un po’ paura che se proseguo i-io mi rompo del tutto come i giocattoli dei bambini perché mi sarei strappato i capelli, m-ma ora sento solo il respiro rumoroso mentre penso al rumore delle sue poche ossa triturate nella carne.
    Avrei sofferto di più e se tutto questo non serve a farmi amare di più, allora a cosa serve?
    A cosa serve non avere più paura?
    A cosa serve ripensarci e voler morire? Io morire non l’ho mai voluto.
    Quindi Dio, dammi un po’ di quella persona indietro perché anche solo sentirmi distrutto servirebbe, sai a farmi sentire integro.
    Almeno umano.
    Come voleva mamma.
    Chiedi magari alla tua e dico tua di mamma, che m-magari mi vede un po’ come mi vedeva la mia e un po’ di male me lo fa sentire ancora.
    Ho proprio paura di non averci più paura, Dio.
    Di non averci più le emozioni.

    Preghi ancora dopo tutto questo tempo e non ti ho sentito mai saltare una sera, una notte sola Klavdy, c’hai guadagnato d’essere presente nelle morti di ognuno che ti sia stato vicino: Mamma, Tereza, Millie e poi Ariete.
    Non hai mai fatto nulla e lasci al tuo dio stupido ed ingordo il peso di portarti via.
    Idiota.
    Dio è morto, dio è morto assieme a tutti gli altri, assieme a te e questo dovrebbe essere il momento che rinasci.
    Hai battuto la testa, Klavdy, devi far spuntar le corna che tutti questi fiori han fatto puzza di macero.
    Stai zitto e vattene via, che non lo voglio sentire l’odio, ‘che è l’unica cosa che mi manca per diventare, sai, qualcosa di brutto e pessimo.
    Devi essere pessimo.
    Non sono pessimo.
    Eppure hai digrignato i denti.
    Quando?
    Adesso che Dean è tornato alle porte della tua cella e t’è saltato addosso, lo senti? Ti stringe la gola.
    Sono qui? Qui ed ora?
    Qui ed ora, coglione! Apri gli occhi.

    -…Hai portato via l’unica cosa che mi fosse rimasta in questo mondo del cazzo, l-lo scambio poteva essere semplice, h-hai rovinato tutto.-

    Stringe la mia gola e sento le sue unghie affondare nella carne.
    Qui e ora, hai capito?
    Ma non m’importa e penso che, cazzo, cazzo se mi va bene così ‘che mi son saltati i capillari dentro gli occhi e vedo cremisi, si dice cremisi il colore del sangue, no?
    Come quando l’onda del mare ti trascina sotto e ti scordi come muovere le braccia per salire a galla, sta succedendo così qui nella mia testa.
    Ariete, io ti domando scusa, ma non so nemmeno più se è Dio a volerlo o se sono io che sto andando a fondo e non chiedo più nemmeno il perché agli altri.
    Ma io ti posso portare via da qui, stai piangendo russo, eccome se stai piangendo.
    Perché avrei preferito morire d’un morso sullo stomaco nel letto della mia stanza ed è al Mall che mi immagino ora mentre la luce si fa scura e lui mi colpisce il muso con una mano, mentre l’altra mi strozza.
    Accanto a Millie sarei voluto morire, con Jerome ai piedi del mio letto ad accarezzarmi una gamba e a dirmi che:

    -Miseria, sei stato il compagno d’armi migliore che abbia mai avuto, fratello mio, mi mancherai… sei sempre stato forte anche se non lo hai mai saputo.-

    Delroy direbbe invece d’essere fiero di me.
    Loraine mi chiederebbe scusa.
    Così sarei voluto morire, bacandoti la bocca Millie, lasciandoti alle cure di ariete che avrei abbracciato chiedendole:

    -Prenditi tu cura della mia ragazzina.-

    Sareste diventate amiche.
    Ho pisciato ed ha fatto un male cane, m’ha aiutato lo spasmo del vomito e sento Dean premere più forte sulla mia carotide, sto morendo.
    Sto morendo.
    No, non senti? Hai il cazzo duro come il marmo e se vuoi tornare a casa allora è il momento che te lo ripeti: Dio è morto.
    No.
    Dio è morto.
    No.
    Prendi la mia mano.
    No.
    Non avrai paura più allora prendi la mia mano.
    Dio è morto.
    Dio è morto ed è risorto, il mio Dio sono io.

    L’odore del sangue sbaglio o somiglia a quello del ferro? Fato vuole che è contro il ferro che sto sbattendo questo testa di cazzo.
    Capite no? Perché è proprio un chiodo quello che sporge dai mattoni gelati e dio che gli si ficca e conficca nella testa e fa un suono che, hey, mica me lo ricordavo così.
    Quanto tempo è che non ammazzavo qualcosa?
    Oh parecchio e per parecchio intendo tipo parecchio.

    -Come dici scusa? Non ti sento mica.-

    Biascia Dean, credo si chiami così, biascica ma son distratto a vedere che, puttanaccia, il mio braccio buono tiene botta e per quanto non sia mica quello con cui son cresciuto scrivendo, mangiando e facendomi seghe… beh funziona.
    Ma apporposito di seghe:

    -Non avevo il cazzo duro, no hey, non dormire me lo merito di parlare… devi darmi un attimino che sono rimasto chiuso qui, per quanto cazzo di tempo? Mesi? Come hai detto? Quasi quattro mesi? Beh, non avevo il cazzo duro da quattro mesi, sai per l’emozione non mi capitava da un po’, senti qui: marmo di Carrara, quel posto in Italia, no? Sarà che son tutto emozionato perché, dio sai… aspettavo da tempo ‘sto cazzo di momento, come dici? Parli mica tanto bene Dean, Decon? Boh, mi sa che qui lo stronzo ha fatto in modo che il chiodo ti toccasse tipo la parte molle che ti comanda il linguino, si capisce una sega, tze tze tze… balbetti.-

    E si piscia pure addosso, perlomeno fa compagnia al bastardo che dorme qui dentro di me, che ha perso i sensi perché per lui a quanto pare la giustizia è davvero troppo.
    Ed io che pensavo in Russia alla gente insegnassero ad essere cattiva, gelida come il cazzo di fiume che taglia in due la siberia.
    Studio al faccia del mio aguzzino e sì, ah sì sì, il chiodo gli ha proprio perforato la cazzo di tempia ed ora muove le dita delle mani e quelle dei piedi in una maniera che mica la capisco molto bene, è sceso in pigiama il coglione.

    -Balli la samba? La rumba magica che vedo che muovi le ditina, madonna… sei sceso in pigiamino, c’avevi proprio la scimmia d’ammazzare l’amico mio sovietico, ma ci penso io adesso a lui, nel senso che lo lasciamo riposare ed io ora concio te come te avresti voluto conciare lui. Non dire nulla, lo so cosa cazzo stai pensando, ti da quasi noia che il tuo cane si stia ribellando e senti che vocina che ti esce ‘Ma tu sei così buono, sei sempre stato così buono chi se lo aspettava che avessi una stracazzo di mente perversa.’-

    Rido, rido più forte di come lui ha fatto quel giorno mentre mollandolo a terra lo studio contorcersi e squadro il buco che ha nella testa.

    -Mente perversa, c’era mica anche una canzone di Marilyn Manson che parlava di ‘sta roba? Tipo quante dita mie ci stanno nel foro d’uscita che t’ha conciato il chiodo proprio qui. Non più di due secondo me, quindi conviene allargarlo un attimo e poi basta giocare, che qui dentro io non ci volglio passare un minuto di più e nemmeno, come lo avevi chiamato? Prosciutto made in URSS.-

    E metto mano alla sua fondina, ha una pistola ed un machete bello grande, la lama è sporca di ruggine ma c’ha proprio un filo che potrebbe affettare in due un bel cocomero in un colpo solo.

    -Capito? Pensavo, con ‘sta lama ci fai a fette un bel cocomero, ma non è stagione e tu sei un ciccione del cazzo ma i tuoi vestiti me li farò andar bene, ultime parole Dean? Come dici? Aghafghh… non capisco.-

    Lo fisso ancora per un po’ nei suoi rantoli e soffio scocciato.

    -Tempo decisamente scaduto.-

    E mi piego scocciato a studiare il suo biascicare con gli occhi ribaltati, lo stronzo manco è presente, me ne accorgo quando con un colpo secco gli faccio saltare il braccio, proprio come fossimo gemellini, ma il merdoso non urla e continua il suo rotolare in preda alle convulsioni:

    -Con tutti i cazzo di posti che potevo prenderti pare che ho beccato quello che t’ha sollevato dal calvario, mica sono stato tanto fortunato io, allora toh… finita qui.-

    Lancio via il suo arto destro in un angolo lontano del corridoio, oltre le sbarre e poi con un colpo secco o perlomeno vorrei, ma con un braccio solo è tosta e allora gli taglio la gola prima di recuperare tutti i suoi vestiti che sono un merdoso cesso di sangue, ma purtroppo oh… mica posso darti tutto razza di coglione, almeno ora sei coperto e non nudo come un cazzo di verme, per vasca idromassaggio e sauna devi tornare alla prossima stagione.
    La pistola del bastardo è carica, tienitela stretta e il machete che gronda sangue è un cazzo d’ottimo segnale per iniziare una rivolta.
    Lo stronzo ha pure le chiavi, ma cazzo ne so se tutte le celle di questo posto di merda hanno la stessa serratura, penso proprio di sì, facciamo che in ogni caso me la porto via.
    Non preoccuparti Klavdy, Kolima ora li stana ma per ora restiamo zitti e dentro l’ombra che se non ci vedono riusciamo a far più strada.
    La ronda arriverà a breve, troveranno il cadavere, daranno l’allarme e allora ci sarà da correre, ci sarà magari da farsi del male e se siamo sfortunati pure da morire, ma riavrai la tua collana e giuro su tutto ciò che cazzo vuoi… a loro non resterà nemmeno il collo, amico mio.
    Tienila forte questa mano.
    I miei piedi nudi per le scale fanno rumore di libertà, l’umidità nei muri ha creato pozzanghere spesse, ma non ci scivolo dentro mentre salgo e cerco e ricerco con i denti digrignati i bastardi partecipi d’averlo fatto deperire così.
    Quale mostruosità.
    Mi accorgo palpandomi le tasche mentre cammino e mi guardo attorno per i corridoi bui che il bastardo c’aveva pure un pacchetto di paglie nella tasca di questi pantaloncini della tuta.

    -Pausa sigaretta e pausa ad ammazzare un uomo, un signor programmino…-

    E me l’appiccio ma mi volto di colpo quando sento una voce chiamarmi e allora butto gli occhi tra le sbarre che mi stanno alle spalle, c’é gente ammucchiata che si strattona e spintona. Mi fissano e il pavimento sotto i loro piedi è macchiato di merda e di sangue.
    Li illumina la luna qui fuori.

    -Cazzo sei tu, pensavamo ti avessero ammazzato una manciata di giorni fa… -

    Ci sono altre celle allora, riesco solo a pensare che forse questi morti che camminano hanno probabilmente visto Jerome entrare qui dentro.
    Ma voglio davvero ripensare a Jerome? Voglio davvero ripensare al Mall… non è questo il momento.
    Allargo il braccio, non sento dolore nel moncherino nonostante veda con la coda dell’occhio un becco strisciarmi nella carne.
    Lo stacco, lo butto a terra.

    -Vivo e vegeto.-

    Grugnisco mentre soffio del fumo prima di bloccarmi la sigaretta tra le labbra, il mazzo di chiavi è affollato e ne devo provare cinque o sei prima d’azzeccarla, solo quando la serratura scatta blocco con la mano la porta e li osservo uno per uno: sono tutti uomini puzzolenti e rognosi quasi quanto me.

    -Vi faccio uscire di qui, ma questo posto deve finire a ferro e fuoco, ci sono io, ci siete voi ed altre celle come questa… trattenete il fiato e aprite quante più celle possibile, prendete qualsiasi cosa possa servire a perforare qualche cervello e riprendiamoci la dignità.-

    Un matusa dalla barba lunga è il primo ad uscire e s’allaccia un bottone della camicia sgualcita prima d’appoggiarmi una mano ruvida sulla spalla nuda, violacea incuriosito dalla mia bocca diritta e lo capisco perché mi domanda se riesca a sentire dolore.
    Gli metto in bocca la mia cicca e con un cenno del capo indico il corridoio alle nostre spalle.

    -Il dolore non esiste, adesso tutti a fare il cazzo che ho detto.-

    E scappano veloci nei loro piedi, almeno ci provano lasciandomi da solo a lanciarmi nel buio schiarito di latte e di vergogna, li sento muoversi come spifferi, sento il tintinnio di alcune chiavi che gli ho lasicato e siamo come una marea, una pestilenza che si nutre di parassiti dietro le celle, stesi a terra , sono i nostri salti di specie, le nostre aggravanti che gonfiano e gonfiano il morbo che primi tra tutti attaccherà i ricchi che stanno distesi a dormire nei loro letti…

    -Con la pancia piena dei nostri figli, dei nostri padri, fratelli e madri…-

    Rantolo sputando gocce di saliva ad un palmo dal muso di una donna che sta distesa a terra e piange, piange assieme a mille altre perché l’idea d’uscire dalla porta che io ho aperto la terrorizza.
    Ha un muso di fata dal naso appuntito e le tette che sono gocce sgonfie, i capelli neri le si sono annodati sotto le braccia e lungo i fianchi.
    M’osservano le altre, che sembrano ancelle andate a male o forse ninfe del dolore e dell’infezione rinchiuse dentro i loro vestiti di lividi e la pelle color… color del niente.
    La tiro su per i fianchi e questa tremolante si rimette sui suoi piedi lasciandomi il tempo ed il permesso di spostarle le ciocche scure dal viso.

    -Come ti chiami?-

    Le domando e questa cerca conforto con gli occhi in una che le sta accanto che ha la pelle color cioccolato che riflette la poca luce qui dentro.
    Sembra fatta, la sua compagna, apposta per muoversi nel buio e mi risponde prendendo il posto della più mingherlina che ancora mi sta tra le dita.

    -Si chiama Odette, ed io sono Raissa…-

    Raissa ed Odette, mi sembravano perfette per muoversi alla mia cintura, una sicura e l’altra con così tanta paura da poter fare qualche pasticcio fottuto da sola.

    -Allora voi due venite con me voi altre, fate quanto ho detto e quando ci sarà del fuoco nel cortile principale allora sarà ora di scendere, uno per uno… sarà ora di andare.-

    Con la testa pesante siamo corsi in ogni singola stanza, in ogni singolo letto nascosti dal buio ed abbiamo spaccato volti che nemmeno avevamo mai visto.
    Ma a cosa potevano servire delle facce con le guance rosse se non avevano nemmeno avuto il cuore di portarci dell’acqua, d’aprirci le porte.
    Parassiti loro, non noi… non noi.
    Odette prese il coraggio d’ammazzare a sua volta solo dopo la quarta stanza ripulita e dovette darle una mano la nera dal mento a punta e i fianchi grandi.
    Iniziarono subito a funzionare come dovevano, come fossero, come fossimo ingranaggi della stessa splendida e spietata macchina.
    I loro nomi iniziavano tutti con la lettera di D, forse solamente due ed il terzo? Quello che è morto ieri chi era?
    Quello che ho ammazzato oggi, invece?
    Non avevano al collo la mia medaglia, mi sto domandando mentre cammino nel buio a passi lenti chi tra loro m’abbia ferito di più: quello che mi ha umiliato e mutilato?
    Quello che mi ha portato via l’unico attacco alla vita?
    Non penso sia comparabile.
    Appoggio la mano sulla parete e guardo le due ragazze facendo cenno di stare zitte, abbiamo trovato un uscio aperto, le luci sono ancora spente ed il mio machete gocciola lasciando una scia dietro i miei piedi.
    Annuiscono e attendono che vada verso il letto grande, m’ha detto la nera che è qui che sta il pezzo grosso, quello che tira le fila di questo inferno.
    Tiro le coperte con foga, ho la mano che trema ma… ma ci trovo solo altre lenzuola disfatte e allora digrigno i denti mentre appoggio le dita al materasso.

    -E’ caldo, è caldissimo… -

    Era inevitabile ci scoprissero, non potevamo ammazzarli tutti nel silenzio, nel buio e proprio mentre ho il tempo di fare questo ragionamento sento delle grida dal piano di sotto, delle grida confuse e degli spari, pochi, pochissimi.
    Si sono accorti ed ora… ora si riprendono il loro territorio.

    -Presto in cortile!-

    Grido ed iniziamo a rincorrere le nostre ombre proiettate dalla luna mossi da una forza che tiriamo fuori a dita strette da queste magrezze soffocanti, come cani affamati, bastonati che si lasciano guidare dall’ultimo briciolo di spirito vitale.
    Autoconservazione Klavdy, tu questa magica sensazione mica la conoscevi, forse per questo sono arrivato io.
    Alcuni di loro sparano ad altri noi.
    Alcuni di noi sparano ad altri di loro e ghigno realizzando che sono circondato da un sacco di piaghe affamate quanto me, che hanno trovato le armi e che combattono come fossero sul filo di un rasoio, come se fossero al fronte, come non avessero niente da perdere ed è il Matusa che appoggiò la sua mano alla mia spalla che vedo trascinare per i capelli un bastardo figlio di puttana ancora in pigiama.
    L’ho incrociato quel merdoso, l’ho visto vomitare quando mi hanno dovuto asportare la pelle, l’ho visto lamentarsi della barbaria, ma non fare nulla per impedirla.
    E’ solo stata paura, diresti tu, lo stesso identico principio di autoconservazione che ti ho decantato io ce l’ha anche lui.
    Oh sì, lo diresti tu, ma io sono qualcosa di diverso, qualcosa che ancora devi conoscere e blocco i miei piedi per osservarlo.

    -I-io non volevo succedesse, io non volevo arrivassero a tanto… perfavore, sono qui solo perché la fuori ho paura.-

    Dice e per me ha già parlato troppo mentre poggio uno stivale sulla sua schiena e premo, premo forte fino a sentirlo rantolare mentre punto il mio machete alla sua testa, Matusa ha un fucile a canne mozze e lo tiene fisso sul ragazzo come farebbe un cacciatore sul più grasso dei fagiani.

    -Neanche io volevo succedesse, neanche io volevo arrivare a tanto ed anche io ho avuto paura… ogni singolo giorno qui dentro ho avuto terrore, la differenza tra me e te è che io ho provato anche la fame, il dolore e tante, talmente tante cose che non te le posso neanche raccontare, sai? -

    E mi piego sulle ginocchia sempre tendendo il braccio sano che afferra l’arma.

    -Avessi detto qualcosa quel giorno, avessi anche solo provato a dire che era troppo per un uomo, allora forse ora saresti su da questa polvere… ma la verità è che sono davvero misericordioso piccolo uomo del cazzo, perché sto per impartirti una lezione d’oro: in questo mondo, non c’è posto per chi non ha coraggio. Matusa… pensaci tu.-

    E mi tiro in piedi riagganciandomi il machete alla cintola prima di sorpassarlo anche se prova ad afferrarmi il piede e piange mentre mi domanda di pensarci, di aspettare, mentre mi chiede scusa… ma la sua mano dopo un botto si fa presto molle e allora posso tornare sulla mia strada.

    Mi sento pallido e sudato, ho corso, ho saltato e mi sono arrampicato dove ho potuto.
    Abbiamo cercato in ogni angolo ed abbiamo trascinato ogni cadavere in una grossa pila ai bordi delle recinzioni.
    Il frastuono sta attirando i non morti e la speranza è che i corpi ancora caldi siano un ottimo deterrente da noi carne fresca ancora palpitante.
    Siamo magri, ma siamo molti di più di quanto pensassi e me ne rendo conto mentre salgo su di un barile alto quasi la metà di me e guardo il capannello di gente che s’accalca davanti a me mentre il cuore mi martella nel petto, mentre sento il russo bastardo che cerca di risvegliarsi nel tremore delle mie mani sporche, nei lividi che pulsano, nell’adrenalina che prova come prima volta.
    E’ a tuo rischio pericolo svegliarti, fossi in te tornerei a dormire, sei troppo fragile per vivere con questo ricordo.
    Hai ammazzato più gente oggi di tutta quella che hai visto morire in ogni film horror che ti sei gustato il sabato sera.
    Alcuni non li conoscevo!
    Nessuno ha fatto niente per te, si sono limitati a ignorare le tue urla a sentirti pregare e piangere, nemmeno un bicchiere d’acqua per te Klavdy!

    -Siamo forse trenta, quaranta… eppure mi sembrate mille, non riesco a vedere da qui tutti i vostri volti i lampioni fanno riverbero e mi ricordano il fuoco, lo stesso che appiccheremo se sarà necessario per stanare quel bastardo. Siamo forse trenta, quaranta eppure avete tutti gli stessi occhi, gli occhi di persone che non hanno più niente e allora sono pronte a mettere le proprie vite a repentaglio se questo significa poter raccogliere le briciole di sé stessi.
    Vorremmo tutti quello che ci è stato strappato, vorremmo tutti tornare indietro, vorremmo tutti troppo, ma sappiamo che se possono guarire le nostre ferite della carne…
    -

    E mi tocco il moncherino purulento con la mano ancora senza unghie, ancora macchiata del sangue di altri:

    -Quelle che abbiamo dentro le budella, sotto il cuore e nei polmoni… quelle resteranno per sempre, sono mancanze, mancanze che non ci spettavano. Disinfettiamo questo posto con il fuoco, una vita delle nostre per due delle loro e buttiamo sale su ogni fottuta zolla di terra… -

    L’ovazione della gente che alza i pugni mi soffoca in gola e vedo le due ragazze battere le mani mentre si sistemano delle giacche addosso che non sono loro, che hanno strappato da qualche cadavere rimasto nudo dietro di noi.
    E sto per scendere quando vedo la gente allargarsi, aprire un varco, un varco piccolo quanto basta per far passare due uomini dalle braccia secche, dalle ferite sul muso e i capelli scompigliati che mi portano come fossi il re del mondo un mostro bocca storta e piena di sangue.
    Occhi nocciola che ho imparato a conoscere, spalle larghe che ora non sembrano più tanto possenti, petto che ora pare sgonfiato, spompato.
    Mi lecco le labbra.
    Sei tu.
    Salto dal bidone e sento le caviglie scricchiolare, il dolore dei lividi, delle ferite mi soffoca per un secondo eppure non resto immobile mentre inizio a sentire la puzza di benzina e a percepire le fiamme che divampano nella struttura.
    Motivati, stanno andando avanti alcuni nella distruzione e bruciano, distruggono ogni singolo ricordo che potrebbe restare in piedi di questo posto anche a rischio di morire per i gas del fumo.
    Animali che hanno sfondato le mura dello Zoo e matti maciullano tutto.
    La mia medaglietta brilla al suo collo e per un attimo mi ingoio la lingua sentendo il russo tremarmi dentro e cercare di spaccare le barriere, di risalire a galla.
    Soffocarlo mi fa male mentre cammino verso il suo muso e lo studio, fiero come una tigre, non piange come gli altri schifosi dei coglioni che gli orbitavano attorno.
    Allungo il piede a tirargli su il mento e studio i suoi occhi che mi puntano dentro.

    -Così eri tu il nemico che gli faceva tanto paura, che non lo faceva dormire la notte… eppure hai la stessa faccia di cazzo di altri mille qua dentro, solo che sei più fiero e non ti pieghi, nemmeno di penti di quello che gli hai tolto a questo ragazzino.

    Stringe gli occhi e cerca di capire mentre chi lo blocca stringe più forte i suoi polsi e gli puntano il fucile alla nuca.

    -Che ragazzino? Di cosa parli Russo?-
    Rido, rido forte e gli sgancio un calcio ad anfibio stretto dritto sotto al mento ed arriva tanto assestato che i suoi incisivi volano e rimbalzano a sinistra, vicino alle ragazze che muovono un passo indietro.

    -Non ricordo nemmeno se sei Dean o Deacon ma lui di te aveva paura, gli hai portato via tutto, prima la sua ragazza, poi il braccio ed infine quella che era diventata sua sorella… hai reso possibile il suo declino e io a quel bastardo tengo in maniera particolare e che tu lo voglia o no lui è sopravvissuto…-

    E stavolta è lui che ride e quasi m’agghiaccia, è nella merda, ad un passo dalla morte eppure ghigna e sbava del sangue mentre con un colpo di schiena si mette in ginocchio e devono raggiungerci altri per tenerlo fermo mentre questo punta il muso verso di me, ma mica ci prova a scappare e se ne resta con le mani legate dietro la schiena e gli occhi porcini.

    -Sei impazzito. Non sei mai uscito da quella cella figlio di puttana, eri destinato ad entrare nei nostri piatti ma mi basta vedere come sei rimasto a marcire dietro quelle ferraglie… non ti vedi? Non sei tu, non ragioni, straparli, n-non riesci nemmeno tu a rivederti nei connotati sparsi, pensi davvero ancora che abbiamo perso? Pensi veramente ancora che questa sia una vendetta alla pari? Mi fai schifo, così stupido che non ci arrivi… -

    La saliva mi si blocca in gola e sento la pressione scendermi ai piedi mentre il sangue ribolle fino al cervello.
    Mai uscito.
    Non sopravvissuto.
    Morto.
    Destinato ai piatti d’altri.
    Destinato ad essere il cibo degli altri.
    Vorrei parlare ma questo punta la sua testa verso il mio machete che ora gli punta ancora addosso, ma in modo moscio.


    -Puoi prenderti la mia vita e poi? Non ho affetti qui, ho la mia sanità mentale ancora io a te cosa t’ho portato via? La darkettona che ti scopavi, la ragazza che ti accudiva, l’amore della tua famiglia, la tua testa… vivi, certo, ma per cosa? A conti fatti ho vinto io.-

    Ha vinto lui.
    E non riesco a trovare parole per reagire mentre tiro su con il naso un rivolo di sangue che ha cominciato ad uscire ed il resto è caos.
    Urla violente, le fiamme che quasi mi toccano le scarpe mentre qualcuno scappa per non farsi vedere mai più ma molti restano a godersi lo spettacolo delle mie ginocchia che caricano il salto più lungo della mia vita, le corde vocali che incordano un ringhio animalesco e i pochi denti che mi rimangono che affondano in una giugulare che spaccano e mi riempie di sangue.
    Schizza ovunque e mi va di traverso, mi smuove il vomito e sento D. Lamentarsi senza avere forse davvero paura mentre nemmeno prova a difendersi, mi tira solo qualche pugno nel costato mentre il suo sangue mi entra nello stomaco e sputo dei pezzi di carne, di pelle, di capelli che mi restano sotto al lingua, fra i canini.
    Ho la mia collana tra le mani quando smetto di sentire il suo fiato bollente sulle guance.
    Ha smesso di respirare.
    Eppure ha vinto… l-lo sai, lo sai che ha vinto lui perché io non ti volevo qui.
    Non mi volevi qui?
    -Non mi volevi qui? Io ho reso possibile tutto questo! Saresti ancora a morire là, saresti ancora a pregare il tuo dio del cazzo…-
    -Io ci volevo rimanere là, io ci volevo morire là Kolima! Era il destino, era giusto così e t-tu mi hai tolto anche la mia ultima possibilità… quella di poter morire come una cazzo di p-persona dormale, v-volevo solo addormentarmi pensando a Millie, v-volevo solo raggiungere lei e Ariete, vedere Jerome dall’alto e potergli spianare il terreno, v-volevo spingere il vento dalla parte giusta per Tezca e fare in modo che Anastasia baciasse Delroy, v-volevo essere d’aiuto, volevo morire buono…-
    -Sei molle! Sei senza spina dorsale ed io sono parte di te… non lo ammetti, non lo ammetti, matto, matto! Sei matto, sei molle e matto…
    -
    Ed ho delle mani sulle spalle mentre sento l’impellente bisogno di vomitare tutto il sangue che ho ingerito e due mani sulle spalle.
    Mi chiamano prima, mi sollevano poi ed il resto?
    Il resto è buio figlio di puttana, ma se sarà necessario ti soffierò tra i denti fino a sentirti risalire a galla, ti ho portato fino a qui e non morirai.
    L’adrenalina è terminata, il mio momento è finito… ma ci rivedremo, dopotutto rivolevi la tua collana.

    Ma se tu sei me, ora chi odio io?

    […]

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    Bolsceviko ↺ 35 anni ↺ Eterosessuale ↺ Ti racconto una storia

    SCHEME ROLE © AIKO-CHAN



    Edited by Kiruri - 4/10/2022, 22:52
     
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    Ely(Tezca) Tompson |Folle |26 anni |Etero |LINK SCHEDA

    Il freddo è arrivato per davvero, il tempo sembra aver accellerato il suo scorrere dal funerale di Klavdy, come se prima di allora si fosse arrestato solo per noi, solo per darci ancora una flebile speranza.
    Abbiamo allenato duramente le ragazze, i più piccoli e chi voleva migliorare, la parte più dura del lavoro però l'ha fatta Delroy, mentre io stavo a guardarlo seduto, con metà della testa e l'orecchio fasciati; mi fischiava anche solo a sentirlo gridare e ci sono stati siparietti davvero divertenti: vedere Delroy alle prese con i bambini è stato uno spasso ma era piuttosto insopportabile il dolore.
    Ho chiesto a Zhao e a Doc di lesinare sui medicinali, non abbiamo antibiotici, ne è rimasta forse una bottiglia e un paio di dosi da iniezione e non volevo fossero sprecate per me oltretutto se facciamo andare le scorte per ogni piccolo inconveniente rischieremo grosso e un timpano lesionato non richiede così tanta attenzione, bastano gli antidolorifici e di quelli anche dovremmo cercarne, impacchi con panni caldi e asciutti e tenerlo coperto evitando assolutamente di bagnarlo o toccarlo.
    -A saperlo avrei potuto aiutare magari, sto raccogliendo tutti i libri che trovo sulle piante officinali e la medicina naturale
    Dice Apple mostrandoci una pila di libri sul mobile dietro di lei, sono pieni di linguette colorate tra le pagine, mi smuove un po' di nostalgia perchè le usavo anche io come segnalibri nei testi usati in classe.
    Li osservo, a saperlo sarebbe potuto essere utile, le piante ci mettono tempo a fare affetto e me la sono cavata per questa volta ma è un'informazione preziosa questa, sapere di avere un alternativa ai medicinali che stanno andando a finire è una fortuna
    -Cavoli! Sei piena di risorse tu, eh? Se ci fosse il modo di avere degli antidolorifici naturali o degli antibiotici sarebbe super! L'inverno è appena cominciato e non escludo qualche influenza anche se di vitamina C abbiamo fatto il pieno... sempre grazie a te trallaltro
    Dico cercando di essere gentile, è la prima volta dopo quella faccenda famosa che Delroy torna alla fattoria con me e Jerome, abbiamo portato altri materiali per la recinzione, oggi abbiamo lavorato su quella noi tre e la ragazza in cambio ci ha dato diverse verdure, uova e ci ha offerto un tea caldo quindi sto raccontando gli avvenimenti dell'ultimo periodo, ci ha chiesto del nostro amico, se avevamo novità e c'è tanto da raccontare, davvero tanto.
    Le ho raccontato del tentativo di scambio, di come ci abbiamo messo davvero l'anima per far filare tutto liscio, di come il Mall si sia spaccato in due sulla questione delle provviste e di come abbiamo fatto alla fine di testa nostra senza che nessuno ci mettesse ulteriormente i bastoni tra le ruote, Delroy è stato una furia in quei giorni: spaccava la faccia a chiunque gliene dicesse mezza storta e ci sono andato vicino persino io a fare a pugni con lui ma questa bestiaccia tanto cuore e poca testa ci vede ancora e sa bene chi ha davanti, anche con i nervi a fior di pelle, motivo per cui non ha spiccicato ancora una parola poi, da quando siamo entrati in casa tiene la testa bassa e non ha detto nemmeno una sillaba, sa benissimo di aver sbagliato con lei e credo si senta in colpa davvero ma non sa come farsi perdonare e allora distoglie lo sguardo... già visto, si è comportato in modo simile con Anastasia quando lei si è arrabbiata con lui.
    -Cosa stavo dicendo? Ah si, degli allenamenti
    Dico recuperando il filo del mio discorso e le racconto di Millie che in quei giorni stava accanto a me, non partecipava perchè Delroy mi ha raccontato del piano sconsideraro di lei e Jerome, quei due hanno avuto delle palle cubiche ma anche una dose spropositata d'incoscienza, potevano rimetterci le penne e ovviamente essendo in due non hanno risolto nulla comunque ma forse hanno smosso un po' le acque in verità.
    Ho guardato Millie pentita e con gli occhi devastati davanti a me, ho sentito una scossa di paura attraversarmi il corpo a saperla in quella situazione e ho concordato con Delroy che la sua punizione sarebbe stata l'esenzione dagli allenamenti per un po', finchè non avrebbe messo la testa a posto.
    La verità?
    L'abbiamo lasciata fuori una manciata di giorni, quando abbiamo notato che stava meglio, che sembrava più stabile, l'abbiamo reitegrata e ho iniziato anche io a muovermi perchè star seduto e fermo non fa per me, ho iniziato ad allenare nel corpo a corpo mentre Delroy si occupava di insegnare a sparare e ci siamo fatti spiegare da Jerome e Millie il percorso che hanno fatto così da poterlo replicare in uno spazio ridotto al Mall, il pensiero di passare dalle latrine è quello che ha dato più problemi ma non tanto per il tanfo o per essere schizinosi ma per una questione di salute, non è di sicuro il massimo,quelli di noi che avevano ferite rischiavano di vederle infettarsi, come per esempio io, Hank, Anastasia che ha spesso le mani screpolate, Lucas che aveva il labbro spaccato... non potevamo far passare tutti in mezzo, letteralmente, alla merda e quindi abbiamo dovuto studiare un alternativa: tagliare la rete sembrava l'opzione migliore, gli zombie avrebbero potuto fare da diversivo, Delroy ne avrebbe attirato un bel gruppo e li avrebbe guidati lì con la moto.
    Eravamo pronti, determinati, dovevmo solo trovare la serata più propizia, una bella nottata fredda, con la luna alta, una i quelle notti non troppo silenziose in modo da non doverci preoccupre di ogni nostro minimo rumore e finalmente si presenta l'occasione.
    Dopo varie discussioni con Francis siamo riusciti togliercelo di piedi, a fargli dire che potevamo fare il cazzo che volevamo e non ce lo siamo fatti ripete due volte.
    Carichissimi, concentrati e tutti sul pick-up, tutti meno Delroy che avrebbe raccolto zombie nei boschi per portarli fino alla prigione.
    Inutile dire che Millie e Jerome fremevano più degli altri, Millie tremava letteralmente, ho senito la sua mano non avere la forza di stringere la mia posata sulla leva del cambio ma stringeva invece, in modo spasmodico, le dita dell'altra mano intorno al suo fucile di precisione mentre Jerome sospirava di continuo come se l'aria gli mancasse nonostante il finestrino spalancato e le sue gambe non stavano ferme: agitazione, tensione incontrollata ma totalmente giustificata.
    Hank sul retro cerca di tenere su il morale ad Anastasia ed a tutti gli altri, tutti coloro che quando il Mall si è spaccato, sono stati dalla parte di Delroy, dalla mia parte, e dalla parte di Klavdy... non avevamo aspettative rosee, avevamo già pensato a come stare distanti il più a lungo possibile ma non eravamo preparati a quello scenario.
    Arrivati davanti alla prigione, quello che vediamo è l'inferno: Le recinzioni sventrate, il cortile interno invaso dai morti, torce a terra, bidoni in fiamme, carcasse riverse a terra...
    Restammo spiazzati, noi che eravamo arrivati lì con l'adrenalina nelle vene, con la prospettiva della guerra ci troviamo di fronte a morte e distruzione, una battaglia già combattuta, niente su cui sfogare la frustrazione se non sui morti.
    -Millie non ti muovere. Jerome non mettere piede giù dal pick-up fino al mio segnale
    Dico a uelli che ai miei occhi erano i più sensibili, quelli maggiormente coinvolti e posso solo immaginre il loro terrore.
    Scendo con la mazza stretta in mano e aspetto Delroy che trasporta un filone di zombie dietro di sè, a questo punto non servono più ma farli disperdere è piu difficile che raggrupparli.
    -Non abbiamo scelta, faccio allontanare Anastasia e Lucas con il pick up in modo che portino via un po' di morti e noi diamo una controllata qui, i prigionieri potrebbero essersi salvati, no?
    Una vana possibilità, l'ultima speranza, quella che non muore mai ma in cuor mio sapevo che lì non poteva essere rimasta anima viva.
    Espongo il piano a tutti e quando Millie scende dall auto gli metto una mano sulla spalla
    -Non avere fretta, ci muoviamo insieme, ok?
    La ragazza freme, credo sia panico quello che le scuote le spalle piccole e per la prima volta vedo le sue mani tremare anche imbracciando un arma.
    Entriamo senza difficoltà nella prigione, nel cortile interno almeno, perchè varcata la recinzione i morti ci danno addosso e non sono zombie marci, potrebbero essere morti da ore o da giorni non ne ho idea ma sono più duri dei soliti morti che si spappolano in un solo colpo eppure riusciamo a fare piazza pulita: Io, Delroy, Millie, Jerome, Hank e Barry ci apriamo un varco fino all edificio che ci indicano i nostri navigatori e sono delle furie, corrono veloci e stanno zitti perchè sanno che non siamo fuori pericolo, parlano piano, con la forza del coraggio nella voce ma vedo la paura negli occhi della mia bambina che si guara intorno, guarda la celle aperte e i corpi riversi a terra e quando scende nella camera delle celle d'isolamento sento il resiro mozzarsi per un attimo nella sua gola
    -No...
    Sussurra solo muovendosi svelta verso la cella aperta, al suo interno solo un cadavere bruciato: ossa grandi e poca carne, gli manca un braccio ed è senza vestiti...
    Potrebbe davvero essere lui e non so cosa dire mentre Millie se ne st appoggiata alle sbarre e Jerome entra trafelato, era rimasto indietro di qualche passo con Hank e Barry ma come entra capisce la situazione e inia a piangere
    -Non è possibile!
    urla e si avvicina, è qundo vede le oss che non ce la fa, che crolla efinitivamente e urla il nome del suo amico iniziando a battere il pugno contro le sbarre poi contro ogni mobile che gli capita a tiro, da di matto tanto che devono essere Hank e Delroy a trattenerlo mentre io d una parte lo comprendo e stringo a me la ragazza che in questo momento ha perso ogni illusione.

    - Recuperare i resti di Klavy penso che sia stata la missione più dolorosa dall inizio di questo schifo di mondo ma glielo dovevamo.
    Dico ad Apple che guarda Jerome preoccupata, è quello che ha sofferto i più dopotutto, lui e Millie hanno perso un pezzo di vita, quacosa di più di un compagno.
    Gi abbiamo fatto un funerale vero e proprio, per Klavdy nessuna pira, nessun falò anonimo, Abbiamo seppellito i suoi resti vicino al lago, abbiamo inciso una croce con nome e cognome e abbiamo riposto le sue ossa in una buca, abbiamo parlato di lui, lo abbiamo ricordato bevendo in suo onore e nonostante sia passato ormai un mese Millie non smette di andare ogni giorno su quella tomba, lo fa tutti i giorni, non ne slta uno, lei deve avere almeno un ora per andare in riva al lago, si siede accanto alla croce e a volte parla, a volte non fa niente, altre volte piange e la capisco... è un moo come un altro i elaborare il lutto, speso dorme in camera con Jerome, uasi tutte le notti ormai e a volte, uando ha il giorno di riposo sparisce per ore, mi ha detto che va in un posto segreto, un posto che Klavdy vev fatto per lei ma non vuole dire nessuno dove si trova e per uanto io si curioso devo rispettre questa sua privacy, le serve, le serve e i Mall è troppo stretto per una ragazza adolescente, a me basta che sia al sicuro, che si porti sempre dietro un arma e mi maledico per quanti sospetti e storie io abbia fatto a saperla accompagnata da un uomo solo perchè troppo adulto secondo la vecchia mentalità che ancora intacca le regole di questa realtà.
    Ormai è buio, mi alzo dal divano perchè vedo qualcosa alla finestra, qualcosa che pensavo di aver dimenticato
    - Ragazzi nevica



    gBU0aGa


    What a lovely day

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    Delroy Mcavoy


    Il piano non era andato come previsto, siamo arrivati aspettandoci un inferno di mostri, sangue, denti e fucili, ma abbiamo trovato qualcosa di peggio: il silenzio.
    Quando il mondo va a rotoli, la quiete inizia a spaventarti più della guerra.
    Il postaccio era deserto, nessun suono, solo qualche morto che zoppicava cercando la strada giusta per uscire dalle transenne.
    Ci zittimmo tutti eppure entrammo senza nemmeno fermarci a farci troppe domande.
    Altro silenzio.
    Altro nulla e poi…
    Poi vidi il male più denso negli occhi di Jerome, negli occhi di Millie e in quelli dei restanti che ci avevano sperato di rivedere Klavdy vivo.
    Forse in quel gruppo ci sono stato anche io,senza rendermene conto magari.
    Mi sono mostrato speranzoso, credendomi disilluso dentro… ma allora perché mi ressi lo stomaco?
    Sentii qualcosa spaccarsi, spegnersi, come un fuoco, un’ultima fiamma che giuro essersi estinta per davvero.
    E vacillavo, Hank ebbe la prontezza d’afferrare Jerome per le ascelle, di trascinarlo via da quella carcassa che non aveva più una forma eppure…
    eppure è lui dissero,
    stava qui dissero,
    gli manca un braccio dissero.
    Io resto come sospeso con il vomito in gola ed il cuore che salta dei colpi mentre mi rendo pienamente conto che avevo fatto i conti con un finale diverso: l’avremmo trovato, avremmo curato le sue ferite e forse ci saremmo mantenuti attenti alla sua insonnia per qualche tempo, ma in ogni caso avremmo sentito ancora il suo balbettare e le battute squallide condite da quel “tipo” che prima d’ora ero veramente convinto mi irritasse.
    Ho deglutito tre volte e sbattuto gli occhi sei prima di avvicinarmi meglio a guardare quello che restava di quel gigante buono.
    Un mucchio di cenere e quella scena spacca budella di Millie che, tanto coraggiosa, quella volta il coraggio di guardare non l’ha avuto.

    -Aiutami…-

    Mi disse Hank e solo allora mi riscossi afferrando a mia volta Jerome, che a Jerome non assomigliava più, più che altro era la personificazione di un’ossessione mentre insiste, urla, piange e sbraita per andare a rimettere assieme i pezzi.
    Gli altri avanti a noi iniziano a raccattare i pezzi, vi aiuto io.
    Ed è tanto strano sentire la carne che s’è fatta carbone e si sfalda sotto le unghie.
    Klavdy era un uomo di due metri e più.
    Klavdy ora sta in un sacco di plastica, lo stesso che poco fa conteneva provviste e medicine che avevamo preparato per lui.
    Il ritorno al Mall ci vede assenti, silenziosi.
    Hank tiene il volante tra le mani, Tezca deglutisce a vuoto prima di salire a bordo del pick up.
    Neanche il vento nei capelli in sella alla moto mi da il senso di stare respirando ancora come una persona normale.
    Nana, Delroy.
    Nana, mi ripeto e cerco di concentrarmi sulla consapevolezza che tornato a casa vedrò ancora gli occhi di mia figlia.
    La verità è che la morte sciocca anche quando vivi con l’eterno pensiero della sopravvivenza.
    Pensi d’essertici abituato ed è lì che ti prende a schiaffi.

    Al russo abbiamo fatto un vero funerale, di quelli con la buca scavata di fresco ed una scatola di legno in cui tenere i resti.
    Con lui i suoi CD, le riviste, il profumo di cui era tanto geloso.
    Jerome indossava una delle magliette del russo: verde militare, ovvio, con una stella rossa sul torace.
    Millie invece la sua giacca con le mostrine ed ha parlato per prima.

    -I-io pensavo di avere più cose da dire, invece ti trovi qui e p-poi, io… le parole non vengono, ecco. Quando io e Jerome siamo andati a cercarlo, ci aspettavamo di vederlo straziato, m-ma non tanto così.
    Che se ci penso sono stata un po’ stupida a pensare che sarebbe potuto sopravvivere, m-ma in ogni caso posso dormire serena perché so dentro di me d’averci provato e so che quel kit che gli abbiamo lanciato coi farmaci, lui l’ha trovato e io… io… a me basta pensare che Klavdy arrivato alla fine dei suoi respiri si sia reso conto di essere, d-di essere terribilmente amato.
    Tezca e Delroy hanno detto che sono stata una bambina quando sono scappata per andarlo a cercare e forse hanno ragione, perché io tanto piccola non mi ero ma sentita.
    Mai prima che lui se ne andasse.
    Avrei voluto fare di più m-ma…
    Grazie a tutti per averci almeno provato.-


    Avrei voluto dirle che da tempo avevo smesso di pensare fosse una ragazzina, che l’avevo vista crescere in un paio di mesi molto più di quanto qualsiasi altro ragazzino proveniente da qualsiasi epoca avesse fatto.
    E noi che pensavamo il problema sarebbe stato il loro amore fuori dagli schemi.
    Tzs.
    Da quel giorno in poi ci saremmo dovuti abituare ai suoi digiuni, alle sue crisi, a mille altre cose.
    Il passo di Jerome era stato quasi timido davanti a tutti e lui pensava d’averci bisogno dei fogli, eppure non c’aveva gettato altro che un paio di sguardi senza riuscire a raccogliere nemmeno una mezza lettera da quel disastro di carta tutta pieghe e sudore.
    Le sue dita tremavano come avesse paura di cadere nel vuoto.
    Non osservava nessuno, guardava oltre il piccolo capannello che tutti insieme avevamo creato e non parlava con noi di lui, sembrava più che altro parlare con lui di noi.

    -Sarebbe da scemi dire che non avrebbe voluto un funerale del genere no?
    Sappiamo tutti quanto Klavdy fosse affamato d’amore, quell’amore che ha ricevuto solo a piccole gocce durante la vita e se solo qualcuno di voi si fosse fermato ad ascoltare il suo chiacchiericcio per davvero forse avrebbe visto che dietro quelle gambe da ragno, quella bocca sdentata e quegli intercalari che condivano i suoi discorsi… c’era un sacco di vita.
    La vita di un uomo che ha inciampato in un sacco di ostacoli, ma Klavdy non è mai rimasto a terra, si è sempre spolverato ed ha tirato dritto…-


    Il silenzio, ognuno aveva la testa bassa, Anastasia cercava la mia mano e io la accoglievo muto in un tremito appena percepibile.
    Pur senza forze, Jerome cercò d’aprire il suo personalissimo portale con la sua idea di aldilà.

    -Va tutto bene quaggiù Klavdy, Nana cresce, Millie si fa forza e quando non ci riesce io provo ad aiutarala.
    Per quanto riguarda me, io sopravvivo perché tu vorresti così ma ci sono delle volte che non ci sei ed è difficile.
    Ti hanno giudicato tanto, Klavdy.
    Ti abbiamo giudicato tanto ma vorrei cogliere l’occasione di ricordarvi che siamo qui a ricordare una persona che per salvarci tutti non ha aperto la bocca, si è lasciata martoriare ed ammazzare per noi.
    Loraine hai un crocifisso appeso al collo, non te l’ho mai visto togliere… dovresti iniziare a credere in una storia di sacrificio ben più concreta.
    Detto questo, devo cnhiudere e ricordarti, Klavdy che per me e per altri qui che ti hanno amato non sei mai stato il tuo tumore, la tua tossicodipendenza, il tuo balbettare, ma qualcosa di più forte e puro che io non ho la grandezza nemmeno di spiegare.
    Grazie a tutti.
    -

    Spargemmo le ultime polveri sulla cassa ormai chiusa e vicino al lago ci posammo una lapide che per quanto fosse rudimentale, ricordava Klavdy in ogni sua forma e fui proprio io assieme a Millie e agli altri ragazzini a ricamare quei fiori nel lato di sinistra.
    Si chiuse un capitolo quel giorno che non avremmo mai e poi mai voluto sigillare.

    ***



    E’ passato parecchio tempo.
    Il cielo si fa sempre più bianco ogni giorno che passa.
    E’ la prima volta dopo molto molto tempo che torno alla fattoria, dopo quel casino che ho combianto con lei, con Apple, capro espiatorio inutile di un periodo del cazzo.
    Forse sarebbe stato meno doloroso un pugno sul naso che quello che le ho combinato.
    Ho portato Nana con me, volevo respirasse aria fresca e la fattoria è un posto sicuro.
    Arrivati sul posto Apple accoglie tutti, tranne me, con un saluto ed una colazione piuttosto ricca e decisamente accogliente: una macedonia di arance, del latte di capra caldo e del pane.
    Ha apparecchiato anche per me e decido di mangiare zitto senza spiccicare nemmeno un sospiro.
    Jerome a fatica parla, ma è lui a recuperare Nana dal pavimento dopo la colazione e a porgerla a Apple:

    -Dice che voleva farle fare un giro ma secondo me voleva sfoggiare questo pile con le oreccchie da orsacchiotto… vero principessa?-

    Gioca con lo strambo cappuccio e Apple sorride, le abbiamo accennato della perdita di Klavdy ma Tezca gli ha promesso di raccontagli i dettagli più tardi, a lavoro finito.

    So che devo fare qualcosa, so che devo tornare sul discorso ed è proprio quello che mi ripeto di continuo appeso ad una scala mentre srotolo la bobina di filo spinato cercando di non graffiarmi le nocche.
    Ma da dove si comincia? Scusa Apple se ti ho…
    Porca troia, non ci si scusa per queste cose.
    Non ci sono scuse per queste cose!
    Deglutisco e impreco graffiandomi un polso con le spine.

    -Delroy, scendi e vieni qui.-

    Mi raggelo, ma non mi volto a guardarla, mi blocco come un bambino colto sul fatto e aspetto qualche secondo prima di fare qualsiasi cosa, che possa sentire i miei pensieri?

    -Ti ho detto di venire qui.-

    Mi ripete e allora mi lascio scivolare giù dalla scala e casco sui piedi diritto senza raccogliere la forza di guardarla.
    Mi aspetta ed ha mia figlia in braccio che mi sorride e agita le mani.
    Comincia a camminare, Apple, dietro la casa, capisco che vuole parlare e che mi sta portando alla serra quindi resto muto in attesa sia lei a dire qualcosa.

    -Non pensare ti abbia chiesto di scendere perché voglio delle scuse. A me non me ne importa un cazzo delle tue scuse, e non è stato il gesto, sapevi di piacermi… è stato il modo. Il modo di farlo e di andartene poi.
    I cani fanno così, Delroy, i porci bastardi.
    -

    E mi molla una sberla che mi infiamma il viso, me lo manda a fuoco e per un secondo penso m’abbia svitato il cranio.
    Ma non dico nulla.
    Nana non capisce bene cosa stia succedendo e scoppia in lacrime, ma non mi importa. Me lo merito.
    Le porgo l’altra guancia per un secondo colpo, ma lei inizia a cullare mia figlia e mi da appena la schiena

    -Solo perchè lei piange… ma non basta lo sai? Ci sono stata molto male e non sarà un bel niente come prima, perché resterai nella mia testa il pezzo di merda che ha deciso di scoparmi con la faccia del fango e andare via. Avevo messo quel vestito carino per te.-

    Mi mordo la bocca e finalmente apro la bocca:

    -Resto zitto perché non posso dire niente, non so cosa avessi, non so cosa ho… i-io ci penso ogni giorno e mi sento una merda, la gente mi dava del mezzo uomo perché non ci stavo, e tu poi sembravi aspttartelo e io non trovavo il coraggio e…-

    Ringhia:

    -Non devo essere io la vittima delle tue sfortune, delle tue paturine, nessuno deve, okay? Io voglio solo che ti entri in zucca questa cosa: soffriamo tutti a modo nostro in questo universo, non ci sei solo tu… non serve alla gente altra mole di dolore perché tu non sai gestire il tuo.-

    Mi tiene stretto per il collo della giacca mentre parla:

    -Cucinerò per te, ti saluterò e parleremo, probabilmente saremo anche amici alla vista di qualcuno che non sa… ma Delroy non credo di perdonerò. Tutto qui. Torna pure alla transenna.-

    E da buona pazza sfoggia un sorriso melenso mentre mi allaccia la lampo della giacca.
    Ma ormai la conosco.
    Va bene così.
    Sto per tornare al lavoro che mi blocca:

    -Un’ultima cosa: tua figlia sarà una donna come me un domani, il minimo che puoi fare è insegnarle che non tutti gli uomini fanno vomitare, è il minimo che tu possa fare per il sacrificio di tua moglie. Intesi?-

    Tallulah.
    Mormoro il suo nome.
    Mi mortifica ma aspetta fino al mio…

    -Intesi.-

    Ci ritroviamo a lavori ultimati per un té.
    Tutto sembra tornato alla normalità, Tezca parla degli allenamenti ed io mi limito ad annuire ogni tanto mentre tengo sotto controllo Nana che gioca con un pupazzo a forma di scimmietta recuperato da chissà dove.
    Un regalo di Apple forse.

    -Sono tutte molto brave però, non capisco perché discriminarle, sono cazzute e fuori di qui ci servirà sicuramente man forte… forse solo Luna che proprio non si sveglia fuori.-

    Dico e Jerome aggiugne:

    -Ha le sue difficoltà si sa ma poi…-

    Ma Apple ci interrompe:

    -Io vorrei sapere di Klavdy, nel senso… com’è andata a finire la storia io ecco, so che non al meglio m-ma… c-cosa diavolo è capitato?-

    Smorza il fiato nei polmoni di Jerome che si risistema sul suo posto e torna a fissarsi gli anfibi senza proferir parola.
    Tezca ci pensa a srotolarle davanti gli avvenimenti dell’ultimo periodo ed io condisco il racconto solo con qualche piccolo dettaglio.
    La vedo scuotere la testa e portarsi la mano al seno mentre sussurra semplicemente un “è terribile” che raggela ogni cosa.
    Certo che è terribile e noi ancora a tutto questo non ci siamo abituati.

    - Ragazzi, nevica.-

    ***



    Anastasia mi accomoda un berretto in testa, ma stavolta non ha Nana tra le braccia, lei rimarrà con Marilyn e Millie.
    Perché?
    Perché anche Anastasia ha in testa un berretto e uno zaino a spalle come il mio, eppure si premura di ogni singolo oggetto che vi è appeso e la sento bisbigliare alla rinfusa un elenco interminabile:

    -L’acqua, le provviste, i vestiti di riserva, la coperta pesante… hai tutto, dovreste essere apposto.-

    Poi si allunga verso Tezca e gli sorride dandogli un bacio in fronte.

    -Tu invece fai molta attenzione all’orecchio, cambia spesso il cotone che anche se ormai è guarito è in questa fase che le infezioni ti fregano. Cercherò di tenerti d’occhio il più possibile.-

    Si riferisce al sui timpano che ormai è guarito ma deve ancora tenere ben protetto.
    Il nostro progetto è quello di partire e andare alla ricerca di provviste in luoghi diversi da quelli cui siamo abituati, Tezca mi ha addrittura domandato una manciata di giorni fa se potessimo fare una piccola tappa al suo vecchio appartamento, ammetto che inizialmente avevo visto questa decisione come del tutto scema… io a casa mia mica ci sarei mai voluto tornare.
    Per vedere cosa? I miei vecchi ricordi magari stuprati da altra gente?
    Ma il suo discorso, complice il fuoco caldo o forse il vino d’avanzo che stavamo sorseggiando mi ha convinto e quella che era nata come l’idea di un viaggio alla ricerca di provviste si è tramutata come un più lungo pellegrinaggio alla ricerca delle nostre vecchie abitazioni, senza chiaramente perdere di vista il nostro principale motivo d’uscita.
    Con noi ci sono anche Millie, Lucas e Barry.
    Siamo uno squadrone e abbiamo deciso di portarci i ragazzini per vedere quanto abbiano imparato dalle recenti lezioni, si sono certamente distinti nel mucchio.
    Inoltre non potevamo chiedere ulteriore man forte, il clan è sempre a rischio attacchi e c’è certamente più bisogno d’uomini in difesa qui con le provviste che non a bighellonare là fuori.
    Jerome starà invece alla fattoria di Apple per un po’, lei ha bisogno di aiuto con i raccolti prima che tutto secchi e anche lui ha necessità di staccare un po’ la spina da qui.
    Ha vomitato molto ultimamente e come Millie ha voluto prendere le distanze dai luoghi dove Klavdy viveva… anche Jerome ne ha mostrato la necessità.

    Mi rendo conto solo quando siamo fuori di quanto non sia per niente abituato a stare lontano da Nana per molto tempo, ma portarla con me sarebbe molto simile al condannarla a morte.
    Mi mordo il labbro mentre vedo il Mall allontanarsi dallo specchietto retrovisore e Anastasia subito mi tocca il braccio:

    -Starà bene, tuo fratello e Charlotte sono bravi lo sai. Inoltre con loro c’è anche Ayyub, sai che la adora.-

    Faccio sì con il capo e rollo un paio di sigarette con del tabacco che ho trovato in spedizione qualche giorno fa.
    Una la passo a Millie, una a Tezca e l’ultima me la accendo io.

    -Da dove cominciamo?-

    Domando.

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